Il djembè è uno degli strumenti più rappresentativi dell’intero continente africano. La sua diffusione nel continente è tale da avere un vasto numero di nomi a seconda di dove. Difatti lo si trova chiamato anche djambè, djambé, jenbe, jembe, djimbe e molte altre varianti.
E’ originario dell’Africa occidentale, più precisamente nella zona tra Guinea Conakry, Burkina Faso, Senegal e Costa d’Avorio, anche se molti fanno risalire la nascita di questo strumento nella regione di Wosolo (attualmente nel Mali).
Presso questa regione, l’etnia Barmana ha iniziato a sviluppare questo strumento circa 3000 anni fa.
Struttura del djembè
Il djembe è composto da un calice in legno ricoperto da pelle di capra o più raramente di mucca e da un sistema di tiraggio della pelle stessa, formato da corde e, nelle versioni più moderne, da cerchi metallici.
Il corpo dello strumento tradizionale è costituito da un tronco scavato ed intagliato nella tipica forma a calice. L’interno di questa sezione dovrebbe essere liscio e molto ben levigato, cosa che contribuisce alla ricchezza del timbro dello strumento.
Il legno più usato è il teck. E’ una tipologia di legno piuttosto presente nell’Africa Occidentale. Lo si riconosce dal proprio aspetto venoso e articolato ed il colore marrone-arancio; è tipico dei djembe originari del Senegal. Ma molti altri legni vengono usati come l’iroko (legno facile da scolpire, presente in particolare nella zona dell’Abidjan), il linkè (un legno esotico meno duro rispetto l’iroko e molto usato in Mali e in Guinea), il dugura (molto meno frequente ripetto al Linké, lo si trova anche in Mali ed in Guinea) oppure in maniera meno diffusa anche altri legni tipici come il guéni, acajou, kolatier, il manguier, l’acacia ed il boumou.
La pelle viene tesa attraverso due procedure distinte di tiraggio chiamate tiraggio verticale e tiraggio orizzontale.
Il tiraggio verticale si effettua subito dopo il montaggio della pelle e consiste nel far raggiungere una buona tensione alle corde. Il tiraggio orizzontale consiste nell’intrecciare le corde precedentemente tirate utilizzando una terza corda che viene legata in direzione orizzontale al fusto.
Il djembè ecologico della Remo
L’accordatura di questo strumento non è impresa semplice, così come prendere un progetto consolidato e rinnovarlo completamente. Ciononostante la grande spinta dettata dal marchio Remo ha imposto di costruire percussioni più ecosostenibili e che andassero a migliorare la vita dei musicisti.
Per risolvere questo problema, Remo ha immaginato per la prima volta l’intera struttura dello strumento, quasi – togliendo il legno dall’equazione, sostituendolo con fibra di vetro, plastica ABS o materiale Acousticon proprietario.
La maggior parte dei musicisti concorda sul fatto che il suono è molto diverso rispetto ai djembes tradizionali, ma molto più comodo nella gestione generale. Difatti non si va incontro ai difficili passaggi di accordatura previo intrecci, o i cambi di tonalità dati dagli sbalzi climatici. La presenza della pelle sintetica ha permesso l’utilizzo di questo strumento anche a batteristi che lo percuotono con le bacchette o con il pedale come in questo video di Marco Iannetta
Un tamburo “rituale”
Spesso in Africa l’aspetto musicale va di pari passo a quello sociale. Difatti il djembe rappresenta uno strumento di comunicazione sociale, rivestendo un ruolo molto importante nell’accompagnare danze cerimoniali e rituali, come nei battesimi, nei matrimoni, nei riti di circoncisione e nei funerali, praticamente le tappe fondamentali della vita, ma anche durante le feste “mondane”. Il suonatore di djembe viene chiamato djembefola (fola significa suonatore)