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Romana di nascita, ma cittadina del mondo per quello che verrebbe scritto sulla sua carta d’identità musicale. Federica Bernabei è una batterista dal grande talento, malleato da una costanza e disciplina invidiabili. Il cammino artistico di Federica da qualche anno ha trovato radici in Olanda, a Rotterdam per la precisione, dove attraverso il percorso didattico del conservatorio “Codarts” ha potuto studiare in una nuova realtà, scoprendo nuovi suoni e nuove culture.
Così come abbiamo scoperto nell’intervista fatta a Moreno Maugliani, l’Olanda si conferma terra di grande stimoli dove poter crescere come musicisti. Impressioni che ci vengono confermati da Federica in una bellissima intervista dove vengono approfondite anche tematiche sul mondo della batteria a femminile.
Intervista a Federica Bernabei
Essere un musicista in Olanda
Ciao Federica, da qualche anno ti sei spostata in Olanda dove hai continuato il tuo percorso formativo e lavorativo. Come mai questa scelta ?
Ciao Valerio, sì ormai sono 4 anni che vivo in Olanda. Fare un’esperienza formativa e conseguentemente lavorativa in Olanda è sempre stato uno tra i miei obiettivi. Avevo già diversi amici musicisti che erano partiti per i Paesi Bassi e il loro riscontro sotto il punto di vista musicale è sempre stato molto positivo, e questo portò quindi, ad accrescere sempre di più il mio bisogno di spostarmi dall’Italia e vedere cosa c’era al di fuori. Ho vinto una borsa di studio presso uno dei Conservatori più prestigiosi d’Europa, il “Codarts” di Rotterdam, ed ho deciso quindi di cavalcare l’onda. L’esperienza che ho vissuto e che sto vivendo è tra le più significative della mia vita sia sotto il punto di vista musicale che quello umano. Vivere in un ambiente musicalmente e culturalmente cosmopolita, non può far altro che stimolare e accrescere la voglia di cercare, ricercare, creare e condividere, ed è esattamente quello che stavo cercando.
Esiste a tuo avviso un qualsiasi carattere distintivo che distingue un musicista che oggi decide di formarsi in Olanda ? Come ti sei trovata a suonare con i musicisti locali ?
L’approccio e la visione del musicista, come professionista ma anche come studente, nei Paesi Bassi è decisamente differente da quello italiano, se è questo che volevi chiedermi. La figura del musicista non solo è riconosciuta come è giusto che sia, ma è inoltre supportata e tutelata, ma soprattutto non è vittima di alcuni meccanismi “Do ut des” ormai familiari e noti al sistema musicale italiano.
Questo è un dato di fatto ma non voglio né generalizzare né puntare il dito.
Poi parlando per luoghi comuni, siamo umani e tutto il mondo è paese, quindi immagino che alcune realtà esistano anche qui, ma fino ad ora non le ho riscontrate. Anzi.
Come dicevo prima, l’ambiente è decisamente cosmopolita quindi ho avuto ed ho la fortuna di suonare e imparare da musicisti provenienti da ogni parte del mondo, (ma anche locali) quindi con un background differente dal mio, e per me, tutto questo, è straordinario.
In Olanda ti sei avvicinata alla musica indiana. Com’è nato questo amore e come stai sviluppando questa musica sul drumset ? Che dischi e metodi consigli di ascoltare a chi volesse intraprendere questo percorso ? Quali musicisti stai studiando da questo punto di vista (unione tra musica indiana e drumset) e quali sono le maggiori difficoltà che hai riscontrato nell’affrontare questa musica ?
Circa tre anni fa
mi sono avvicinata allo studio dei ritmi e sistemi della musica del Nord India.
Avevo la necessità di imparare un nuovo linguaggio musicale che mi permettesse di integrarlo con gli studi fatti fino ad allora. Ho avuto quindi modo di
conoscere e di studiare con Niti Ranjan Biswas, musicista e uomo di una sensibilità spiccata e rara. Affinché potessi imparare a pieno questo nuovo linguaggio, ho ritenuto necessario
cominciare ad imparare a suonare lo strumento che canta proprio quel tipo di idioma, ovvero le tabla e me ne sono innamorata profondamente.
Anche se ho avuto diverse esperienze in diversi stili – e contesti –
mi sono resa conto che volevo concentrarmi sulla sperimentazione sul set poiché credo nell’evoluzione attraverso il processo di sperimentazione.
Come batterista, trovo particolarmente gratificante poter suonare usando una buona tecnica e producendo un buon suono, ma anche il modo in cui il batterista può sceglierlo, crearlo e adattarlo alla musica.
L’approccio che ho utilizzato è stato del tutto personale, inedito e analitico.
Cerco di spiegartelo in breve: allora, innanzitutto
stiamo parlando di due strumenti completamente differenti sia per sound che per tecnica. La tabla si suona con le dita e non con le bacchette. Hanno diverse tecniche legate alle scuole d’appartenenza (Gharanas). Non esistono note ma sillabe (Bols).
Già per questa ragione si parla di un vero e proprio linguaggio ritmico e sonoro singolare e indipendente.
Il percorso che ho seguito, quindi, è stato quello di sviluppare un metodo di apprendimento personalizzato e scientifico, cominciando ad esempio dalla diteggiatura, applicandola al set con e senza restrizioni; questo ti crea automaticamente più libertà di scelta e d’ espressione. Pertanto,
ho creato diversi esercizi di coordinazione (tecnici e sonori) che mi hanno permesso di ottenere, attraverso diversi esperimenti, i mezzi di cui avevo bisogno. Successivamente, ho applicato parti del sistema ritmico indiano a quello occidentale.
Lo studio è ovviamente ancora in attivo e mi sono resa conto che questa ricerca mi ha permesso di arricchire il mio linguaggio ritmico sia nel senso del groove che dell’improvvisazione e, soprattutto, ha completamente cambiato il mio modo di pensare la musica.
In particolare, la ragione di questo “esperimento” è stata quella di voler rompere gli schemi del concetto di rudimenti utilizzato dai batteristi per creare fills e groove. Quindi, invece di suonare le combinazioni rudimentali, ho deciso di indagare sulla sperimentazione del linguaggio e del fraseggio, passando attraverso il fraseggio di Tabla.
I miei più grandi riferimenti musicali del mondo indiano sono Niti Ranjan Biswas, Zakir Hussein e Bernhard Schimpelsberger.
Durante questo studio, le difficoltà che ho riscontrato e in parte riscontro tutt’oggi, non risiedono tanto nell’adattamento dei due linguaggi, che viene colmato con la pratica, ma dal differente modo di pensare, percepire e creare il ritmo, modalità non familiare ad un occidentale.
A proposito di world music, uno dei maggiori punti di forza dell’Olanda è proprio il suo essere multietnica, un po come accade anche a Parigi o altre città poli culturali. Secondo te in Italia si arriverà mai a questa contaminazione musicale tra più culture?
Se ti riferisci al fatto se persone provenienti da diverse parti del mondo siano disposte a venire in Italia per condividere e apprendere esperienze, questo dipende da ambo le parti, o meglio, al di là della volontà personale, c’è da considerare cosa l’Italia ha da offrir loro sia musicalmente che in termini logistici e lavorativi.
Qui però ci addentriamo più su un discorso sociale, culturale e lavorativo decisamente molto ampio perché ci sono diversi parametri da considerare.
Ad ogni modo piccole realtà di questo genere, soprattutto (e forse ristrette) a livello accademico per fortuna esistono. Però stando ormai fuori non posso espormi ulteriormente.
Tuttavia, la contaminazione musicale ha varie sfaccettature a mio avviso e credo che in realtà ci sono stati, e ci sono tutt’ora, artisti italiani che hanno già da tempo cominciato un percorso di contaminazione musicale sia attraverso collaborazioni, sia attraverso la proprio curiosità, portandoli ad emulare e a contaminare la propria musica con altre “estere”.
Inoltre non dimentichiamo che in Italia c’è una forte tradizione legata anche molto alla dominazione di popolazioni arabe, spagnole e balcane che ovviamente hanno influito sulla nostra cultura musicale.
Ad ogni modo, a mio avviso, artisti come De Andrè, Pino Daniele, Enzo Avitabile, (etc.. parlando nel mainstream) hanno contribuito e contribuiscono a mantenere viva parte della tradizione e della sperimentazione, ricercando nuovi stimoli e linguaggi da integrare con il proprio background.
La musica è un linguaggio e come tale soggetto ad evoluzione e cambiamento.. come è giusto che sia.
Nel bellissimo lavoro di Ugo Rodolico, si mette in stretta relazione la parola e la loro musica. In tal senso, essendo l’olandese una lingua molto dura (simile al tedesco) questo si ripercuote anche nella loro musica ? Suonando spesso jazz, la pronuncia degli olandesi nello shuffle è differente ?
Il lavoro di Ugo l’ho scoperto da poco ed ho trovato il suo progetto veramente interessante, mi è veramente piaciuto molto.
Comunque per quello che riguarda la tua domanda, no, niente affatto per quello che riguarda una pronuncia differente nello shuffle, anzi. Ci sono grandi batteristi e musicisti olandesi.
Personalmente credo che l’unica pronuncia difficile (o meglio non familiare) da imparare è più quella latina, ergo brasiliana (non latin-jazz) e cubana. Altro grande e bellissimo mondo.
Negli ultimi anni moltissimi batteristi italiani sono andati a studiare in Olanda, mi vengono in mente Francesco De Rubeis, Roberto Pistolesi e Moreno Marigliani. Ripensando indietro nel tempo mi viene quando nel dopoguerra molti italiani andarono a scoprire in Sudamerica ed i suoi suoni e anni dopo, ci fu un vento di ritorno con molti musicisti sudamericani che scelsero di venire a vivere proprio in Italia. Secondo te questo potrebbe accadere anche con l’Olanda o sono culture e fattori sociali troppo distanti?
Ad oggi, l’Italia purtroppo non ha da offrire neanche la metà di quello che lavorativamente e socialmente offrono i Paesi Bassi, perciò credo che sia un evento vagamente utopico. Ripeto, purtroppo, perché l’Italia avrebbe, in realtà, da offrire veramente tantissimo sotto ogni aspetto se sapesse sfruttare al meglio le proprie risorse.
Anni addietro, a livello europeo Olanda e Italia erano i due paesi europei all’avanguardia nel campo del free-jazz. A distanza di tempo, in Italia questa forma espressiva è quasi scomparsa del tutto. In Olanda come vanno le cose in tal senso ?
In Olanda c’è sempre fermento, è tutto in continua evoluzione. C’è di tutto e a grandi livelli. Ma veramente. In più ci sono sempre tanti concerti da andare a vedere e la differenza che c’è con l’Italia è che spesso capita che i grandi artisti, dopo l’esibizione si possano fermare a parlare con te e magari a prendersi un birra.
Differente è ciò che ricordo in Italia e anche quello che mi raccontano i miei amici/colleghi.
Formazioni sempre più ridotte come il cachet. Spero ci saranno cambiamenti positivi.
Batteriste donne : la situazione femminile dietro i tamburi
A tuo dire com’è la situazione musicale per quanto riguarda il mondo femminile ? C’è molta disparità di trattamento o discriminazione oppure vedi un miglioramento della situazione ?
Hai riscontrato delle difficoltà nell’essere donna nel mondo del lavoro musicale ? In Olanda hai trovato una situazione migliore o peggiore in tal senso ?
Per mia esperienza non ci sono state mai discriminazioni o disparità di trattamento.
Per quanto l’Olanda sia musicalmente un paese molto competitivo, c è anche tanta meritocrazia perciò se sai suonare e suoni bene, hai modo di andare avanti. Non vai avanti, o quanto meno non a livelli significativi, solo perché si è donna o perché magari si sfrutta il proprio status in modo non proprio “decoroso”.
Decisamente opposto, purtroppo, è il trattamento che una donna riceve in Italia, e a volte, ahimè, la donna passa ad essere anche complice di certi meccanismi.
In questo caso però, a parer mio, c’è solo molta ignoranza e non vedo nulla legato realmente alla musica.. però, non generalizziamo, donne con dignità e intelligenti ce ne sono e anche tante, per fortuna.
Un altro paragone che mi viene in mente, tanto per chiudere il cerchio, riguarda il pubblico. Al di fuori dell’Italia, chi ti viene ad ascoltare, t’ascolta veramente. Il pubblico è interessato dall’inizio alla fine dello spettacolo. La musica viene presa sul serio. In Italia, tendenzialmente, chi va a sentire un gruppo suonare in un locale, presta un’attenzione superficiale. La musica diventa il sottofondo della serata, della chiacchierata tra amici etc. Quindi credo che da tutto il discorso, femminile e non, ci sia una mancanza culturale profonda che “giustifica” determinati modi di fare, di pensare e di agire.
Che consiglio dai alle ragazze che vogliono intraprendere il lavoro della musicista ?
Quello che darei a qualsiasi persona: Studiate e abbiate rispetto di voi stessi e dei vostri sacrifici.
Molti brand stanno enfatizzando l’esempio di alcune batteriste donne. Mi vengono in mente l’exploit di Anika Niles piuttosto che Emanuelle Caplette. Per quanto mi riguarda, guardando in giro noto sempre poche donne che suonano. Parlando tempo fa con Riccardo Ruiu in merito ad un contest organizzato da Ds mi disse che solo 2 donne avevano mandato un loro video per partecipare a questo contest. C’è effettivamente fermento attorno al mondo musicale da parte delle donne oppure la vedi come un fenomeno ancora molto limitato ?
Che viviamo in una società maschilista è ahimè un dato di fatto e questo ha ovviamente delle ripercussioni importanti sotto ogni campo, musicale e non.
Le donne musiciste non sono un fenomeno, tanto meno limitato. Forse il limite reale, passami il termine, è proprio chi le vede come tali e chi, in qualche modo, le “ghettizza”.
Uomini o donne che siano, perché ci sono anche donne complici di questa mentalità, vittime di un’ignoranza devastante.
Credo che quello che si dovrebbe cambiare è l’atteggiamento, il pensiero, nei confronti della donna, per meglio dire, come è possibile che possa dare stupore il fatto che una donna suoni uno strumento? O che decida di intraprendere la carriera professionale e metter da parte cose che le vengono attribuite “di natura” (o per ignoranza)?
Musicalmente parlando: Esistono mai “Male Music Contest”? mm, non mi pare. E quindi perché dovrebbero farlo al femminile? Che si vuole dimostrare?
La questione è anche, e soprattutto, che la società di oggi, tutt’ora si aspetta che la donna si comporti in un certo modo e quindi manifestando il suo voler essere semplicemente sé stessa, ma “differente” da come ci si aspetta, viene facilmente giudicata e attaccata. Questa però non è responsabilità totale dell’individuo ma della società.
Pensi che ci siano degli esempi negativi dati da donne che suonano ?
Riallacciandomi alla domanda di prima, dipende sempre da quanto la donna rispetta se stessa, i suoi sacrifici e da quanto asseconda o combatte certi meccanismi. Questo in tutti i campi, non solo nella musica.
Quindi se la donna asseconda alcuni esempi negativi per se stessa, per la propria dignità, ricordati sempre, che dall’altra parte, c’è chi, l’ esempio negativo, l’ha pensato e l’ha proposto.
Credo che questa domanda valga anche per gli uomini, ma di sicuro, l’esempio negativo non fa tanto scalpore
Percorso didattico
Come hai iniziato a suonare la batteria ? Quali sono stati i tuoi idoli e punti di riferimento ?
Ho iniziato intorno ai 16 anni con Francesco De Rubeis, succedendo poi a diversi insegnanti, uno fra tutti,
Toni Armetta. Lui è stato molto importante per me,
mi ha seguito in diversi percorsi ed obiettivi didattici. É una persona alla quale devo tanto.
Ho deciso quindi, di intraprendere un percorso più approfondito, perciò,
ho preparato l’ammissione al Conservatorio di Frosinone, sapendo che
Ettore Fioravanti –grande insegnante e musicista che ricordo con grande stima e gratitudine- insegnava lì.
Poi
vinsi una borsa di studio e da lì, il mio viaggio in Olanda.

Quali sono stati i tuoi idoli e punti di riferimento ?
I miei punti di riferimento sono cambiati negli anni ovviamente in relazione ai percorsi musicali che vivo. Il mio primissimo amore fu Dave Weckl ma ad oggi ne ho diversi e lontani da quel tipo di mondo musicale. Giusto per citare qualche nome, Edu Ribeiro, Rafael Barata, Ziv Ravitz e Celso de Almeida. Musicisti prima di essere batteristi.
Tra i non-batteristi, cito, tra tutti, Richard Bona, Shai Maestro e Paquito D’Riveira.
Cosa rappresenta per te la batteria ?
La batteria rappresenta esattamente quella cosa che ti fa decidere di cambiare vita, di trasferirti in un’ altra nazione, lontana dai tuoi affetti, dalle tue abitudini, i tuoi giri, quella cosa per la quale fai sacrifici (ma hai anche tante soddisfazioni) e che nonostante tutto, pro e contro, ad oggi, ne vale ancora la pena.
Hai studiato al conservatorio. Pensi che questo percorso sia indicato per chi voglia studiare batteria e che formi adeguatamente, o è semplicemente un valido “pezzo di carta”?
Dipende da quello che vuoi e dove lo cerchi. È sicuramente entrambe le cose. Certo è che non necessariamente in un Conservatorio trovi sempre quello che realmente cerchi.
Ci sono mai stati momenti in cui volevi lasciar perdere ?
No e ad oggi non la contemplo come possibilità.
Tra jazz e pop
Suoni molto in contesti sia jazz che pop, campi che negli ultimi anni hanno avuto una forte connessione e contaminazione con la musica elettronica. Tu che rapporto hai con l’elettronica applicata al set ?
Purtroppo, mea culpa, abbiamo un rapporto un pò conflittuale per quanto sia un mondo affascinante. Per il percorso musicale che sto facendo oggi, in realtà suono più in contesti di musica brasiliana non sento la necessità di doverla integrare né in maniera costante né superficiale.
Quanta importanza dai alla ricerca sonora ?
Tantissima. Ma mi sto focalizzando ancora sulla parte acustica piuttosto che sulla elettronica, anche se so che prima o poi arriverò anche a questo.
Vivere di musica al giorno d’oggi
La scorsa volta parlando con Nicolò Di Caro, parlavamo della vostra/nostra generazione che ha visto cambiare il modo di avvicinarsi alla musica. Ora molta informazione passa attraverso i social e Youtube, mentre una volta si andavano a scoprire i musicisti guardandoli da vivo. Com’è il tuo approccio verso questa nuova tendenza ?
Seguo entrambi i percorsi. Ad oggi su internet trovi qualsiasi cosa, il web è saturo di video di ogni genere. Credo però che rimanga ancora molto importante andare a vedere musicisti suonare, poterci parlare etc.
Dal vivo cogli sfumature che non puoi attraverso un monitor.
È sicuramente un modo per potersi confrontare e migliorare, ma ricordiamo che il web è importantissimo. Senza saremmo persi. Se pensi che anche grazie ad internet abbiamo modo di poterci confrontare e fare lezioni online con il proprio idolo che magari vive in un altro continente, se pensi che possiamo farci da Booking da soli e con più facilità organizzare eventi etc. Diciamo che l’uno è complementare dell’altro, ne fa da supporto e non da sostituto.
Quali sono le caratteristiche principali che deve avere un ragazzo adesso per lavorare ?
Puntualità, conoscenza delle parti e umiltà. Ego commisurato ai fini della musica, che la sostenga e che non la sovrasta.
Lo scopo delle prove è imparare le parti di tutti, mai le tue. La tua preparazione è il regalo di benvenuto che fai ai tuoi colleghi. Da qui, il resto vien da sé.
Quali sono i batteristi che maggiormente segui e quali pensi che siano i migliori prospetti nel panorama italiano ?
Ne seguo tanti ma non necessariamente italiani. Ad ogni modo, tra i nostri per vorrei citarne giusto alcuni come
Francesco de Rubeis, Valerio Vantaggio, Alessandro Inolti, te, che hai belle idee di Crossover musicali e ritmiche,
Danilo Menna, Luca Monaldi, Davide Savarese e Carmine Landolfi.
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