Se nell’articolo dedicato alla figura di Gene Krupa, non abbiamo menzionato cosa usasse, è perchè molta dell’evoluzione della batteria come strumento vero e proprio, la deve proprio a lui.
Nei primi anni la batteria era composta da strumenti quanto più differenti derivanti dalle tante comunità che popolavano gli USA come tamburi cinesi, gong, piatti cinesi, temple block, e via discorrendo.
Gene Krupa comprò il suo primo set al “Frank’s Drum Shop” di Chicago. In seguito, presso un’altro negozio di Chicago (“Lyon and Healy“), comprò una Ludwig che lo accompagnò per tutto l’inizio della carriera.

Ma quando la sua carriera iniziò a spiccare il volo, il padre chiese se la Ludwig potesse fare un prezzo particolarmente scontato visto il successo e la relativa visibilità del figlio. La persona che si trovò dall’altra parte, era il direttore vendite Fred Miller, che disse non essere nella posizione di prendere quella decisione. Il padre non si scoraggiò e scorrendo l’elenco telefonico chiamò la “Slingerland banjo & drum company“. Seppur scettico inizialmente di collaborare con una compagnia che costruiva banjo, Gene, esortato dal padre, iniziò a collaborare con la famosa casa americana.
Anni dopo, la Ludwig cercò di riportare Krupa a suonare le batterie Ludwig, ma il manager del batterista che fece da intermediario, chiese una parcella di 35 000 dollari, quando un kit all’epoca costava al rivenditore 65 dollari.
SLINGERLAND
Gene Krupa fu uno dei primi a firmare un contratto di endorsement, e lo fece con la casa americana Slingerland. La collaborazione fu molto produttiva, visto il facile recepimento delle tante idee del batterista. La prima di tutte fu centrale per il proseguo della carriera di Krupa.
Il frutto della loro collaborazione vide la luce con la produzione della storia linea “Radio king”.
Nel 1936 su sua iniziativa, la casa americana presenta il “Radio King Separate Tension Tunable Tom-Toms“. Il set Radio King presenta fusti fatti da 3 strati di mogano con cerchi di rinforzo in acero, mentre la parte hardware è avvenieristica e rappresenterà una grandissima innovazione. Per primo questo kit presenta cerchi in metallo atti al tiraggio della pelle,e poteva farlo indipendentemente tra pelle battente e risonante. Fino ad allora i kit presentavano tamburi cinesi, dove le pelli erano bullonate sul fusto, rendendo impossibile accordare il tamburo, se non utilizzando delle fonti di calore (le pelli erano ancora animali).
Per consentire anche una più semplice accordatura all’interno dei tamburi era preposta una sordina interna. Visto l’impiego in orchestre molto rumorose, le dimensioni dei tamburi erano molto grandi con la grancassa 26″x14″ (stessa dimensione che anni dopo userà anche John Bonham con i Led Zeppelin).
ZILDJIAN
Altra miglioria che vide Gene Krupa tra i primi, è l’innovazione portata dall’hi-hat. Inizialmente nei primi kit, questo componente si trovava nella parte bassa, e prendeva il nome di “low boy” o di “sock cymbal”, una posizione che ne rendeva impossibile l’utilizzo con la bacchetta. Ci furono moltissimi esperimenti, principalmente condotti da Walberg, proprietario di un negozio a New York. Si arrivò nei primi anni ’30 al modello definitivo. L’asta hi-hat più usata tra gli anni ’30 e gli anni ’50 era il “Walberg & Auge Model #502“, anche se per tutti questo modello era più conosciuto come “Gene Krupa Slingerland hi-hat“.
Per quello che riguarda i piatti, inizialmente usava dei piatti dai diametri molto piccoli ossia piatti da 14″ e 13″ ed un 11” come hi-hat. Prima di lui non esistevano particolari distinzioni tra crash e ride, ma su sua direttiva richiese un piatto da 16″ che fungesse solo come ride. La richiesta di un piatto “così grande” mise in seria difficoltà Avedis Zildjian.
La collaborazione con la Zildjian, avvenne quando nel 1929 il giovane Avedis Zildjian andò a New York per trovare Bill Mather, proprietario dell’omonimo negozio di percussioni dove si riforniva il ventenne Gene Krupa. Inizialmente i piatti Zildjian erano molto pesanti. Su suggerimento di Krupa, i piatti vennero alleggeriti fino allo spessore “paperthin“, spessore che è ancora oggi in uso e molto amato dai jazzisti. Nel corso del tempo, Gene Krupa usò piatti sempre più grandi fino ad arrivare a 20″ e 22”, ma sempre molto leggeri.
Nei tardi anni ’50, arrivò ad usare un ride da 24″ del peso medium-heavy.
