Avete mai sentito il susseguirsi di un rumore e pensato dentro di voi, che quel rumore fosse … musicale ? Da sempre il dualismo tra i termini “suono” e “rumore” sono alla base di molte argomentazioni, dibattiti ed ilarità nella comunità musicale. Ad inizi ‘900 il rumore però era anche letteratura.
Ad inizio ‘900, il mondo era funestato da numerosi conflitti a fuoco sparsi in varie zone del globo. In Italia era nato il Futurismo e Filippo Marinetti ne fu il principale artefice di questa nuova corrente artistica, che vedeva l’Italia in prima fila.
“Zamg tump tump! L’artiglieria onomatopoetica”
Fu una lettera che nel 1912 Filippo Tommaso Marinetti mandò dalle trincee bulgare al pittore Luigi Russolo. Questa lettera ed i continui suoni riportati onomatopoeticamente furono davvero formativi per Russolo, il quale cominciò a studiare l’arte dei rumori.
«All’inizio l’arte della musica ricercava purezza, limpidezza e dolcezza del suono. Successivamente i diversi suoni sono stati amalgamati, assicurando che potevano, tuttavia, accarezzare l’orecchio con dolci armonie. Oggi la musica, in quanto diventa sempre più complicata, si sforza nell’amalgamare i suoni più dissonanti, strani e duri. In questo modo si arriva sempre di più al suono-rumore.»

Nel marzo 1913 a Roma, in un Teatro Costanzi affollato, Francesco Balilla Pratella tenne un concerto. Tra gli spettatori vi era anche Russolo che in seguito redasse il suo manifesto intitolato “L’Arte dei rumori” nel quale dichiarò che la rivoluzione industriale aveva dato agli uomini moderni una maggiore capacità di apprezzare i suoni più complessi. L’autore asseriva che la tradizionale musica melodica fosse da ritenersi riduttiva ed un giorno, essa sarebbe stata sostituita dal rumorismo musicale. Il fortunato concerto al Teatro Costanzi diede vigore all’idea che il rumore industriale provocato dalle macchine, potesse essere un importante base sonora per la musica. L’esibizione di Pratella, fu descritta da Russolo come “una possente musica futurista”. Era nata una nuova arte : l’arte dei rumori.
Nel giro di pochissimo tempo, Russolo redasse lo scritto “L’arte dei rumori” che divenne il manifesto della nuova idea di musica. Nelle pagine, Russolo asseriva che la tradizionale musica melodica fosse troppo riduttiva e contestualmente l’autore prevedeva che un giorno essa sarebbe stata sostituita dal rumorismo musicale.
Dal XIX secolo con la comparsa delle macchine, il rumore iniziò a regnare quasi fosse “un maestro assoluto per la sensibilità degli uomini”. Inoltre l’evoluzione della musica seguì un corso parallelo alla “moltiplicazione delle macchine”, creando una rivalità di rumori “non soltanto nell’atmosfera rumorosa delle grandi città, ma anche nelle campagne che fino a ieri erano abitualmente silenziose”, in modo che “il suono puro, nella sua esiguità e nella sua monotonia, non sollevava più emozioni”. L’arte dei rumori di Russolo cercò di associare il suono dei tram, i motori a scoppio e le folle urlanti.

I primi concerti di musica rumorista si tennero nella villa milanese di Marinetti, l’11 agosto 1913, ed al Colisseum di Londra, l’anno dopo. Il ricordo di questo concerto fu così descritto dal Timesfece
“Degli strani strumenti con la forma di imbuto… evocanti il suono che si può udire nelle manovre di un piroscafo che attraversa la Manica con un mare cattivo; i musicisti – o potremmo dire i “rumoristi”? – hanno commesso l’imprudenza di intonare il loro secondo pezzo… poi si sentirono le grida patetiche “basta!” che furono da tutti punti sovreccitati della sala.”
Gli strani strumenti descritti sono gli “intonarumori“, delle casse in legno dalla forma rettangolare munite di manovella, alte circa un metro e muniti di amplificatori appunto a forma di imbuto, le quali contenevano diversi motori atti a riprodurre “una famiglia di rumori”. Secondo il manifesto redatto da Russolo, si potevano così ottenere trentamila rumori differenti.

Inizialmente, l’idea di nuova musica proposta non ebbe una rapida diffusione popolare. Solo negli anni ’20 i compositori francesi Edgar Varese e George Anthil iniziano a sperimentare nelle loro composizioni, suoni derivanti dalle macchine. Nel 1930, il rumorismo arriva anche oltreoceano dove sotto l’influenza di Henry Cowell, Lou Harrison e John Cage iniziarono a comporre tramite l’utilizzo di percussioni assemblate da “cianfrusaglie”, cercando nelle discariche e nei negozi di antiquariato della Chinatown oggetti adeguati, come tamburi, vasi da fiori, gong, e tanto altro ancora. Cage ha iniziato la serie dei Paesaggi immaginari (Imaginary Landscapes) nel 1939, nei quali venivano combinati suoni registrati, percussioni, e, nel caso diImaginary Landscape # 4, dodici radio.
Cage dichiarerà
“Credo che l’uso del rumore per fare musica continuerà e aumenterà fino a quando non si giungerà ad una musica prodotta attraverso l’ausilio di strumenti elettrici che si metteranno a disposizione per qualsiasi finalità musicale e per tutti i suoni che potranno essere ascoltati”