Musicista eclettico dal percorso curioso. Un approccio allo strumento che s’intreccia alla sua vita. Un viaggio continuo ad esplorare nuove civiltà, nuovi suoni, nuove culture.
Marcello Piccinini è attualmente in tour con il produttore Dardust (Dario Faini), uno dei nomi più caldi del panorama musicale italiano attuale. Didatta e performer, l’estrema varietà di esperienze accumulate ne impediscono una definizione che lo possa inquadrare in una fredda “categoria”. A esperienze di musica d’avanguardia, dove il suono della sua batteria diventa elemento solista, ad esperienze di musica etnica, jazz, pop e molto altro arrivando a esperienze di musicare film muti. Artista completo e poliedrico.
Sicuramente importante nella sua attività è la passione verso la musica reagge, passione che lo rende protagonista d’interessanti eventi didattici centrati su questo genere. Approfittando dell’imminente tour, abbiamo scambiato qualche considerazione sui diversi aspetti della sua carriera e di elementi ad essa collegati.
Ciao Marcello, a dicembre hai preso parte ad un’orchestra diretta da Dardust. Com’è nata questa esibizione ? Questa collaborazione avrà seguito in altre date dal vivo ?
Collaboro col il progetto Dardust di Dario Faini dal 2016. Per la promozione del nuovo album “Storm and Drugs” siamo stati ospiti della trasmissione X Factor e nella stessa puntata, hanno chiesto a Dario di arrangiare i brani nella sezione cover per tutti i concorrenti. Proprio in quell’ occasione è stata allestita un’orchestra per accompagnare la diretta live della trasmissione.
Da poco è partito il tour che ci vedrà impegnati con date italiane ed europee.
Una cosa molto particolare era il set che suonavi. Difatti suonavi un set interamente elettronico. Che rapporto hai con l’elettronica ?
Il mio rapporto con l’elettronica è buono. Penso che oggi come oggi tutti i batteristi dovrebbero essere aggiornati e conoscere l’utilizzo dell’elettronica all’interno di un live. Questo consente l’ampliamento del proprio set con pad elettronici, centraline e sia sequencer e campionatori. Proprio col progetto Dardust ho avuto la possibilità di ampliare e approfondire questo mondo. Oltre al discorso di ampliamento del proprio setup, altro argomento importante è l’aspetto di ricerca del suono dal punto di vista più tecnico.
A tuo dire quale sarà il futuro dell’elettronica ? Prima o poi scalzerà lo strumento acustico o sarà sempre interpretato come strumento ausiliare ?
Credo che l’elettronica attualmente sia richiesta in alcuni ambiti lavorativi ma sempre attraverso l’utilizzo della creatività e del fattore umano. Trovo molto interessante l’utilizzo di set ibridi in cui l’elettronica e’ concepita come colore e percussione al set acustico.
Essere un noisemaker : la ricerca sonora
Di tuo ho sempre apprezzato i colori all’interno dei tuoi kit. Difatti spesso assembli kit con strumenti non convenzionali ma che riesci sempre a ben amalgamare all’interno degli altri tamburi e piatti. Come nasce la tua ricerca sonora ?
Ho avuto sempre la possibilità di sperimentare set meno convenzionali nei progetti a cui ho preso parte tra cui voglio ricordare Beatrice Antolini, Serena Abrami, Alessandra Celletti e Persian Pellican ; proprio con quest’ultimo utilizzavo un set di campane ricavato da pulegge di vari mezzi di trasporto.
All’interno dei tuoi laboratori usi strumenti di recupero. Com’è nata questa tua specializzazione ? Come studi gli strumenti da ricreare ?
Penso che ogni batterista sia attratto dal percuotere oggetti che producono suono/rumore. Senza dubbio, la mia conoscenza in giovane età del gruppo Stomp e del batterista italiano Michele Rabbia (che fa suonare veramente qualsiasi cosa) ha sviluppato in me questa ricerca e questo amore.
Tempo fa, una delle sue ultime invenzioni fatte da quel genio di Remo Belli fu una pelle da applicare su un secchio e farlo diventare un rullante. Visti anche i successi dei musicisti busker e del gruppo Bamboo, secondo te questa tipologia di reinventare le percussioni possono essere un possibile futuro o è solo un modo di raccontare la frenetica società odierna dettata dalle giornate a spostarsi da una strada all’altra ?
Non penso che il futuro sia solo quell’utilizzo. Penso che gli strumenti di recupero potranno essere sempre utilizzati in una situazione ibrida in cui l’oggetto sonoro di recupero sia integrato al set, ma anche un pò per quello che dicevamo prima dell’utilizzo dell’elettronica.
Ti ho visto spesso anche con una Hollywood vintage. Che storia ha questo strumento ? Sei appassionato di vintage ? Cos’hanno gli strumenti vintage di diverso rispetto agli strumenti odierni ?
Negli anni ho messo su una piccola collezione di batterie vintage tra cui delle Hollywood a cui sono particolarmente legato. Questo perché è una marca italiana che negli anni ’60 faceva degli strumenti bellissimi e penso che il fatto di suonarle tramandi la loro storia. A mio avviso di diverso sicuramente hanno il suono : ogni marca ha una propria voce e oggi un po questa cosa viene a mancare. Oltretutto poi, alcuni di questi strumenti vintage hanno una bellezza e cura nelle finiture e nei dettagli che reputo davvero unica.
Ho due set montati nel mio studio uno con una configurazione più standard che utilizzo per la didattica su cui a rotazione monto varie tipologie di pelli per capire che effetto hanno e un altro set ibrido di percussioni e elettronica che assemblo in base alle esigenze e alle idee che ho in testa. Molte volte la creatività può scaturire solo dall’ascolto di un suono diverso all interno del drum set abitudinale o dal cambiare le posizioni degli strumenti e inoltre ovviamente ascolto tanta musica.
Hai qualcosa che ritieni essere la tua firma sonora per cui qualcuno ti può facilmente riconoscere ? Cosa rappresenta per te il suono ?
Ho avuto sempre la possibilità di confrontarmi con vari generi musicali e registrare fin da ragazzo batterie per artisti e produzioni di vario genere nell’ambito pop e non ,tutto ciò ha fatto si che mi confortarsi fin da subito con il mio suono cosicché ho sempre cercato e ricercato il suono più giusto per quel tipo di situazione musicale a cui ero chiamato.
Mentre quando ho avuto la possibilità di lavorare a progetti alternativi l’utilizzo di set misti mi ha dato la possibilità di esprimere la mia voce. Penso che il suono giusto sia molto più importante di mille tecnicismi e soprattutto che la scelta di ogni singolo suono di un drum set possa ispirare maggiore creatività .
La passione verso la musica reggae
Cosa particolare è anche la tua passione per la musica reggae. Come nasce questa passione e come si è sviluppata ?
La mia vita con la batteria si divide in un due ambiti : quello prettamente artistico e quello legato alla didattica . Personalmente fin da ragazzo sono stato sempre un piccolo nerd di questo strumento. Questo perché sono un amante sia della batteria, che della musica in generale. Da sempre ho visto che a livello didattico, la parte relativa ai ritmi jamaicani e al reggae era tralasciata e affrontata in modo superficiale e non analizzati come gli atri stili musicali, come ad esempio accade con il jazz e rock in una sua analisi tecnico-stilistica. Trovavo che la quantità di materiale didattico era minore e male organizzato rispetto agli altri stili. Quindi, fin da subito ho sempre fatto ricerca riguardo a questo genere musicale e già da tempo sto girando l’italia in scuole musicali e centri didattici per lo studio della batteria con la clinic e mastrclass “Reggae and Jamaican Drumming” storia ed evoluzione della batteria nella musica reggae e nei ritmi jamaicani e attualmente sto lavorando alla pubblicazione di un libro con allegate basi sul tema.
La cosa che m’incuriosisce è proprio che pur essendo un musicista molto addentrato alla sperimentazione, prediligi una musica estremamente radicata nelle proprie tradizioni. Può essere un controsenso oppure è una tua personale sfida che t’imponi ?
Non mi sono mai posto limiti riguardo a linguaggi e generi musicali. Diciamo che la batteria mi ha fatto conoscere generi e gruppi musicali e viceversa la scoperta di nuova musica mi ha messo in relazione a batteristi di estrazione diversa.
Penso che la storia della musica jamaicana sia ricca di stili interessanti legati a una profonda tradizione e alla storia del suo popolo. Basti pensare alla musica ska, la prima forma di musica originale jamaicana nata con la libertà dal colonialismo, per non dimenticare il reggae che ancora oggi lega varie culture e fa ballare tutti!
Ho avuto la possibilità attraverso la batteria, di viaggiare : dapprima studiando al Drummers Collective di New York dove mi sono diplomato e poi Brasile e Senegal. Tutto ciò ha fatto si che mi confrontassi con altre culture : penso che questa cosa abbia arricchito la mia persona dal punto di vista musicale e soprattutto umano. Il viaggio crea sempre nuovi stimoli.
Se prima abbiamo parlato del viaggio e di conoscere nuove persone e correnti musicali, ora si può viaggiare e scoprire nuove musiche anche stando seduti davanti ad un computer. Che rapporto hai con questo nuovo modo di viaggiare ?
Penso che internet oggi sia molto utile sia dal punto di vista promozionale per un artista per far conoscere la propria musica e avere nuovi contatti lavorativi, sia dal punto di vista didattico per gli insegnanti. Anche il sapersi muovere nel mondo di internet per un batterista è fondamentale .
Nel tuo percorso di studio sei andato a studiare all’estero. Che ricordo hai della tua esperienza negli States ed in Brasile ? Quali sono state le cose che maggiormente ti hanno stupito ?
Sicuramente l’esperienza negli States è stata molto formativa ed entusiasmante. Ricordo con piacere gli anni al Drummers Collective dove ho avuto la possibilità di confrontarmi con tutti gli stili musicali ed entrare nel linguaggio specifico, cosa a cui la scuola puntava molto. Inoltre la possibilità di vedere dal vivo tantissimi batteristi e musicisti che sognavo quando ero in Italia mi ha aiutato molto. Soprattutto a New York puoi ascoltare veramente ogni sera dal vivo tutti i generi musicali esistenti sulla faccia della terra. Il viaggio in Brasile mi ha dato la possibilità di vivere e capire quanto un popolo sia legato alla propria musica e alle proprie tradizioni : non c’è un momento in cui la musica non sia legata alla loro vita.
Hai avuto modo di conoscere due batteristi che ho apprezzato ed apprezzo molto come Elvin Jones e Will Calhoun. Puoi raccontarci come si articolavano le lezioni con questi due colossi della batteria ? Su quali punti hai basato lo studio con loro ? Cosa ti ha particolarmente colpito del loro approccio ? Puoi raccontare qualche aneddoto ?
Durante i miei studi in America ho avuto la possibilità di partecipare alle lezioni di questi due grandi batteristi. Erano dei workshop collettivi e ricordo in particolar modo come in entrambi i casi focalizzassero la loro attenzione più sulla musica che sulla batteria dal punto di vista tecnico. Ricordo che in tali occasioni ebbi modo di vedere la performance di Will Calhoun in drum solo : utilizzava un set acustico, che includeva anche elementi elettronici e percussioni etniche. Rimasi molto affascinato dal suo approccio : lui è stato un pioniere nell utilizzo di set elettro acustici.
Qual è la principale differenza a tuo dire dal modo di vivere la musica negli States ed in Italia ? Il Brasile è una nazione che pare vivere a ritmo di musica, così come anche l’Africa. Quali sono a tuo dire le convergenze tra queste due tradizioni sonore ?
Sicuramente in America ci sono molte più possibilità per un artista di potersi esibire dal vivo e di fare ascoltare la propria musica in canali dedicati rispetto all Italia. Questo fa sì che tutto il mondo musicale cresca in modo stimolante e di esempio per i giovani. Era il 2001, e in quegli anni le scuole americane avevano già dei programmi didattici molto avanzati rispetto a noi …oggi per fortuna le cose stanno cambiando in Italia.
Penso che il Brasile come l’Africa siano due popolazioni che hanno un forte legame con la loro musica : puoi viverla in ogni posto e in ogni momento.
Sicuramente il Brasile come l America e di preciso New Orleans con la nascita del jazz o la Jamaica e tutta la sua storia musicale risentono delle pulsazioni dei ritmi arrivati in quei luoghi attraverso gli schiavi africani deportati dando vita poi nel tempo a nuovi generi musicali.
M’ispira molto la musica senza batteria e il continuo studio dei linguaggi
Nel dopoguerra il jazz rappresentava l’avanguardia e molti locali proponevano questa musica avanguardistica ad un pubblico non ancora preparato, ma molto affamato di voler scoprire. A distanza di molti anni, la situazione sembra essere ribaltata dove assistiamo ad un pubblico molto preparato ma poco propenso alla scoperta del nuovo. Secondo te è così o vedi qualche barlume di speranza ? Il pubblico è ancora affamato di ricerca sonora o novità ?
Penso che ogni genere musicale abbia un proprio canale ed un proprio pubblico. Sicuramente c’e un pubblico maggiormente preparato ma rimane sempre una nicchia quello interessato alle avanguardie e alla musica di ricerca .
Sei marchigiano. Questa città come ti ha cresciuto musicalmente ed artisticamente ? A tuo dire, è una regione che offre molto oppure pensi che sia difficile emergere in questa realtà ? Quali pensi che siano le principali difficoltà ?
Oggi sicuramente ci sono molte più possibilità dal punto di vista didattico a San Benedetto del Tronto rispetto a quando io ero ragazzo. Ricordo che fin dal primo superiore ogni lunedì prendevo il pullman e facevo una trentina di chilometri per arrivare ad Ascoli Piceno per fare lezione con il mio primo insegnante di batteria Fortunatamente, in entrambi questi paesi avevo la possibilità di vedere passare molta musica dal vivo in quegli anni. In ultimo ma non meno importante, da sempre ho avuto la possibilità di suonare con gruppi e musicisti di varia estrazione così da potermi mettere in gioco e poter approfondire i vari stili.
Il rapporto con la batteria
Come hai iniziato a suonare ? Quali sono stati i tuoi idoli agli inizi ?
A casa si è sempre respirata aria di musica. Mia zia e’ un insegnate di pianoforte al conservatorio e quindi ho avuto la possibilità di avere in casa un pianoforte. Ma la mia richiesta di avere una batteria fin dalle elementari non era mai stata esaudita fino a quando in terza media. In quel periodo giocavo a tennis a livello agonistico. Sfidai allora mio padre a una partita di tennis :se avessi vinto in cambio mi avrebbe comprato la mia prima batteria. Ovviamente ho vinto quella partita.
Durante l’adolescenza sono stato fan dei vari Steve Gaad, Vinnie Colaiuta, Dave Weckl, Peter Erskin ma la possibilità di avere in quegli anni a San Benedetto a pochi passi da casa il jazz club Bitches Brew mi ha dato modo di vedere dal vivo i batteristi citati e moltissimi altri, ognuno con un proprio stile e genere musicale. Avere la possibilità di vedere più musica dal vivo e di conseguenza più batteristi possibili aumentava in me la curiosità e la voglia di sapere sempre di più riguardo questo strumento e il vivere di musica.
La batteria e’ la mia vita e ho fatto di una mia grande passione il mio lavoro .
Frank Zappa diceva che “senza deviazioni dalla norma non c’è progresso”. Batteristicamente e nella vita quotidiana quali scelte hai fatto per deviare dalla norma ? Quanto conta per te progredire ?
Penso che le mie “deviazioni dalla norma” siano state la scelta di vivere di musica di volere fare il batterista e quella di spostarmi all’estero per studiare… penso che progredire sia fondamentale per non stufarsi e questo è possibile solo attraverso il continuo studio e il suonare con gli altri.
Vivere di musica al giorno d’oggi
Ci sono mai stati momenti in cui volevi lasciar perdere ?
Se prima le collaborazioni avvenivano solo a livello locale, ora si ha la possibilità di registrare e collaborare anche a distanza. A te è mai capitato ? Allargandosi le possibilità, si allarga anche la concorrenza. Perché qualcuno dovrebbe scegliere te come batterista di un progetto ? Cosa pensi che ti possa rendere unico ?
Sono diversi anni che ho la possibilità di registrare nel mio piccolo studio batterie e percussioni per pre produzioni e a volte anche produzioni come ad esempio le batterie degli ultimi due album di Persian Pelican e alcune percussioni per dei lavori di Alessandra Celletti.
Negli anni ho collezionato un discreto numero di batterie, piatti e percussioni di ogni genere e mi sono appassionato al mondo della registrazione.
Sicuramente le possibilità di registrarsi sono aumentate oggi giorno con la tecnologia e le distanze si sono accorciate tramite internet ,ma il fattore umano nell’interagire con un progetto o con chi ti chiama a suonare/registrare rimane sempre la prima cosa.
Cosa rappresenta per te l’arte e come la ricerchi ? Questa ricerca influenza il tuo modo di suonare o d’intendere la vita ?
Per me arte significa studio, ricerca e circondarsi di persone e oggetti che ti fanno stare bene, ti fanno essere te stesso. Tutto questo non può che influenzare in modo positivo il mio modo di suonare e di affrontare la vita.
Com’è cambiato il lavoro ed in che direzione si muoverà il lavoro del musicista in futuro ?
Il musicista del futuro, ma direi anche quello odierno , dovrà essere preparato nel suo strumento e sicuramente dovrà sapersi muovere nel mondo dell’elettronica. Ma sicuramente dovrà curare altrettanto bene aspetti legati a internet e nell’auto-promuoversi, oltre a conoscere la storia e la musica di chi ci ha preceduti
Ora molta informazione passa attraverso i social e Youtube, mentre una volta si andavano a scoprire i musicisti guardandoli da vivo. Com’è il tuo approccio verso questa nuova tendenza ?
Quando ero giovane ho avuto la possibilità di vedere molti concerti dal vivo e tutte le informazioni erano cartacee e molto più lente rispetto ad oggi e ogni nuova scoperta era veramente una gioia.
Personalmente utilizzo molto il web sia per la mia attività artistica sia per la mia ricerca personale e molto per la didattica con i miei studenti.
Ai giorni odierni si può vivere di sola musica ? Che consigli daresti a qualcuno che oggi vuole fare della musica la propria professione ?
Penso che attualmente la situazione per ogni tipo di professione sia critica ma credo che sia possibile vivere di musica ovviamente portando avanti sia il lavoro artistico che didattico con tutti i sacrifici che ne comporta. I consigli che posso dare ai giovani sono di prepararsi alla professione studiando più linguaggi musicali possibili ed essere sempre pronti,avere la voglia di viaggiare, spostarsi e curare i rapporti personali.
Sei te in prima persona che ricerchi nuove collaborazioni oppure aspetti che le occasioni si presentino da sole ?
Penso di essere stata una persona fortunata ma al tempo stesso non mi sono mai tirato indietro quando mi si sono presentate le occasioni e mi sono dovuto spostare e di essermi sempre messo in gioco, sicuramente curare le pubbliche relazioni aiuta.
Sei un maestro di batteria. Quali valori cerchi di dare ai tuoi allievi ? Quali metodi consigli e come i tuoi maestri ti hanno influenzato in questo tuo lavoro ?
Cerco di trasmette ai miei alunni l’importanza della batteria come strumento in primo luogo di accompagnamento alla musica quindi alla conoscenza dei suoi stili e alla sua storia e ai suoi maggiori esponenti, dando molta importanza allo studio del movimento alla tecnica e alla lettura.
Oggi abbiamo moltissimo materiale didattico a nostra disposizione e oltre ad utilizzare i grandi classici per la tecnica cerco sempre nuovi metodi che abbiano basi minus-drum su cui poter far esercitare i miei alunni.
I maestri che ho avuto al Drummers Collective hanno sviluppato in me questa forte analisi stilistica mentre gli anni trascorsi a studiare con Ettore Mancini mi hanno trasmesso l’importanza del movimento sul set e l amore per l insegnamento.
Insegni anche a ragazzi giovani. Cosa noti nelle nuove generazioni e nel loro approccio alla musica ? Che mondo musicale pensi che si troveranno ad affrontare quando inizieranno a suonare in giro ?
Insegno a bambini da 5 anni in su e penso che oggi sicuramente ci siano più possibilità per i ragazzi di prendere lezioni di musica e siano molto più consapevoli di questi percorsi formativi. Penso che nel mondo musicale ci siano molti più punti di riferimento oggi grazie anche ad internet e quindi i giovani di oggi sono più coscienti della preparazione che devono avere per affrontare il mondo lavorativo di oggi.
Quali sono le caratteristiche principali che deve avere un ragazzo adesso per lavorare ?
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