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Franco Mondini, un batterista prestato alla Stampa

franco mondini batterista
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Franco Mondini si è spento nella sua Torino all’età di 84 anni. Nel suo libro “I padri della batteria in Italia”, Luca Luciano lo annovera come uno dei padri dello strumento nella nostra penisola.

Il batterista torinese si avvicina allo strumento nel 1950, ottenendo i primi ingaggi nei locali da ballo della citta e frequentando gli appassionati di jazz di Torino, tra cui spicca anche un giovane Piero Angela con cui forma un trio.

Nel libro sopracitato racconta a proposito dei suoi inizi “Decisi di dedicarmi alla batteria, anima e corpo, dopo aver visto un film musicale dove c’era l’orchestra di Tommy Dorsey aveva un ruolo predominante. Alla batteria c’era Buddy Rich … Volevo comperarmi subito una batteria, ma alla fine ne fittai una. Era un rudere. Una cassa enorme, un rullante che io chiamavo rimbombante. Presi qualche lezione che poi perfezionai col metodo di Gene Krupa.

 

Le prime esperienze a livello nazionale col quintetto del trombettista Nunzio Rotondo gli fruttano anche la prima di una serie di collaborazioni con la Rai. Nella seconda metà degli anni cinquanta suona anche in Francia (dove si stabilità per un breve periodo nel 1956 sulle orme di Kenny Clarke, con il quale diverrà grande amico), Olanda e Germania.

Alla fine del 1959 ha l’occasione di suonare con il trombettista Chet Baker che nel 1962 lo rivuole per un avventuroso tour italiano. Ha raccontatto parte della sua avventurosa vita professionale nel libro ” Sulla strada con Chet Baker e tutti gli altri” (Lindau). In questo libro racconta ” Poi collaborerà con Renè Thomas, Amedeo Tommasi, Jacques Pelzer, Bobby Jaspar, Enrico Rava, Gato Barbieri, Franco Ambrosetti, e suonando molte volte nello storico Swing Club di Torino, in via Bogino.

 

Nel suo libro “Incontri con musicisti straordinari: la storia del mio jazz”, Enrico Rava così ricorda Franco Mondini : “A Torino c’era un altro batterista. Anzi IL batterista a Torino era lui : Franco Mondini. Aveva quattro anni più di me ma a quell’età quattro anni erano tantissimi. Lui per noi era una vera e propria star … Suonava nella serie A con i grandi europei. Aveva girato l’Europa con l’orchestra di Bob Azzam. Insomma per noi era un personaggio irraggiungibile.

Smette con l’attività professionista nel 1968, dedicandosi al giornalismo, per cui continuerà a scrivere di jazz e di spettacoli in generale tra le colonne de “La Stampa“. Sempre nel libro di Luca Luciano racconta ” Ho mollato tutto quando mi son reso conto che la nuova direzione che aveva preso il jazz non faceva per me. E anche per motivi personali”

 

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