Emiliano Cantiano (Roma 7 dicembre 1981) è senza dubbio alcuno una delle persone più entusiaste del mondo della batteria in Italia. Batterista metal a servizio di numerose band, divide il proprio impegno sia dietro ai tamburi, sia nel tramandare la propria passione verso gli altri. Autentico nerd del genere si è cimentato nelle varie correnti musicali, portando diversi suoi progetti ad essere apprezzati anche all’estero.
Al termine di un’estate quantomai frenetica per gli impegni con i suoi diversi gruppi, ho approfittato per capirne ancora di più qualcosa sulla sua carriera, progetti futuri e la sua passione verso lo strumento e l’aggregazione che dovrebbe essere alla base di un qualsiasi movimento culturale
Intervista a Emiliano Cantiano
Il punto sugli Embrace of Disarmony, Shores of Null e Noumeno
Ciao Emiliano, hai passato un’estate impegnato a portare in giro i tuoi vari progetti, oltre alla registrazione dell’ultimo album degli Embrace of Disarmony. Qual’è la risposta che stai avendo dal pubblico in relazione ai vari progetti ?
Ciao Valerio!
Per prima cosa, grazie per questa intervista, è un vero piacere sbarcare qui a ‘Il Tamburo Parlante’.
Dal mese di giugno fino alla fine di agosto sono stato impegnato principalmente con gli Shores Of Null, i Sanctuary (tribute band Iron Maiden), e con i Metallari Animati (metal cartoon band), e posso dire con grande soddisfazione che questi live sono andati molto bene, sia a livello di affluenza (colgo l’occasione per ringraziare di cuore tutte le persone che hanno partecipato e chi ci ha organizzato) che di performance.
Per quanto riguarda le fasi di registrazione di ‘De Rervm Natvra’, il nuovo album degli Embrace Of Disharmony ci siamo occupati personalmente della registrazione di batteria, basso, e chitarre, le voci invece sono state registrate presso l’Hombrelobo Studio, e ci siamo affidati per la seconda volta a Giuseppe Orlando (Outer Sound Studio) per la fase di missaggio, e per il master a Mika Jussila (Finnvox Studios), con un risultato finale decisamente soddisfacente.
Successivamente abbiamo rivelato titolo e copertina il 17 aprile, mentre il lyric video del brano ‘De Captionibvs Amoris’ è stato pubblicato dalla nostra label il 5 giugno.
Il disco degli Embrace sta trovando grande consenso da parte della critica specializzata. Che novità ci porta il nuovo album degli Embrace ? Come ti approcci a scrivere le tue parti di batteria per un disco ?
Calcolando che siamo principalmente uno studio project ,questo feedback estremamente positivo ci ha reso veramente felici!
E’ successa la stessa cosa anche per il primo album ‘Humananke’, ma per ‘De Rervm Natvra’ avevamo delle perplessità trattandosi di un lavoro più complesso rispetto al precedente.
A livello di songwriting questo nuovo album rimante intatto nello stile ma è sicuramente più maturo, a differenza del primo album qui le tematiche sono tutte focalizzate sul un poema didascalico latino in esametri di genere epico-filosofico, scritto da Tito Lucrezio Caro nel I secolo a.C. insomma … Insoma, ci piacciono le cose facili 🙂
Per quanto riguarda la stesura delle mie parti con gli Embrace Of Disharmony posso dirti che è più un ri-arrangiamento che una stesura vera e propria. Matteo Salvarezza, il mastermind della band si occupa al 95% della stesura delle parti di tutti gli strumenti, ovviamente, le parti di batteria nonostante siano già molto esaustive, vengono comunque riarrangiate da me fino ad integrarsi alla perfezione con il mio drumming.
Successivamente io e Matteo rianalizziamo tutte le parti insieme per essere sicuri che batteria, basso e chitarra vada d’amore e d’accordo.
Altro progetto che ti prende molto è quello con i Noumeno, esperienza che porti avanti da più di 10 anni. Com’è cambiato il tuo approccio allo strumento nel corso di questo tempo ?
I Noumeno sono un pezzo di cuore per me, e sicuramente sono la band nella quale il mio drumming s la mia anima si rispecchiano al 100%.
Ho fondato la band nell’estate 2007 con Danilo Carrabino (chitarra) e ricordo ancora quando eravamo solo io e lui davanti a un computer con solo le mie parti di batteria scritte su guitar pro, sembra ieri!
La band inizialmente aveva come unico scopo quello di scrivere musica strumentale con influenze progressive, death e power metal; pensa che l’attività live non era nei nostri piani ed invece negli anni a venire abbiamo registrato un demo di 4 brani, 2 full lenght album, un live DVD che trovate gratuitamente su YouTube e tantissimi live di supporto a grandi artisti come Cynic, Kiko Loureiro, Dave Lombardo, e i Freak Kitchen, giusto per citarne alcuni.
Il mio approccio allo strumento è maturato sicuramente, ma non è cambiato molto, il mio solo e unico scopo è sempre stato quello di scrivere delle parti che fossero al servizio del brano.
Ti faccio un esempio, molti brani dei Noumeno nascono da intere partiture di batteria da me scritte, in pratica appena mi veniva in mente un riff o un pattern, iniziavo subito trascriverlo cercando di dare al tutto una forma canzone; da qui, puoi facilmente capire perché con i Noumeno non abbiamo mai scritto i classici brani prog da 30 minuti con decine di cambi di struttura
A differenza di quanto quanto si è soliti ascoltare con i Noumeno e Embrace dove invece il tuo drumming risulta molto articolato, con gli Shores of Null hai un modo di suonare più lineare e solido. In quale modo di suonare ti ritrovi maggiormente ?
Di base nasco come batterista heavy/progressive metal, ma negli anni ho suonato sia in situazioni pop discostandomi totalmente dal mio genere madre, che in ambito metalcore, dove, per la prima volta mi sono trovato ad affrontare cose come il blast beat. Con gli Shores Of Null ho un approccio sicuramente più semplice e focalizzato sul groovee sulla potenza, cose assolutamente necessarie visto il genere da noi proposto.
Ci tengo ad aggiungere che suonare con gli Shores Of Null per me è stata una vera sfida.
Suonare i grooves lentissimi del doom per poi passare a grooves dal bpm più elevato con parti di doppio pedale che si ripetevano per parecchie battute non è stato facile, ma con la giusta routine di studio ho portato a termine questa missione, e mese dopo mese, il mio drumming si è perfettamente integrato con il mood della band.
Con gli Shores avete firmato per la Candelight records, casa discografica che ha sotto contratto anche artisti del calibro di Opeth, Emperor e tanti altri grandi nomi del metal. Com’è cambiata la vostra scrittura con l’ingresso di un’etichetta così altisonante e cosa ha rappresentato il passaggio ad un’etichetta ? Quale pensi che sia la maggior differenza tra l’autoproduzione ed avere l’appoggio di un’etichetta ?
Con la Candlelight Records abbiamo fatto uscire il nostro primo album ‘Quiescence’ che era già stato composto e registrato qualche mese prima.
Devo dire che all’epoca la label ha fatto un buon lavoro, abbiamo avuto video in premiere su Metal Hammer, moltissime recensioni positive (praticamente il 95%), interviste, e questo ci ha permesso di fare un tour in Europa ogni anno, e di partecipare a festival di rilievo come Inferno Metal Fest. Norway, Eindhoven Metal Meeting, Metal Italia Fest., e il Metal Over Malta.
Purtroppo però, non posso dire lo stesso per quanto riguarda la promozione del secondo album ‘Black Drapes For Tomorrow’.
La Candlelight è stata infatti inglobata con buona parte del suo catalogo dalla major label Spinefarm Records (Universal), cosa che inizialmente ci sembrava un grandioso passo avanti, ma purtroppo per noi non è stato così. Ci siamo infatti ritrovati ad avere un riscontro mediatico più basso a livello di recensioni e interviste, che sì erano sempre molto positive verso di noi, ma il numero era decisamente inferiore rispetto all’album precedente.
Questa esperienza ci ha insegnato che spesso l’autoproduzione non è sempre una brutta carta da giocare e che uscire su una grossa label non è necessariamente una cosa positiva.
Consiglio quindi a tutte le band di non puntare necessariamente sempre e solo alle major label del circuito, ma di cercare con attenzione tra le etichette medio/piccole, perché ce ne sono moltissime che sanno come si lavora e sanno quanta attenzione va riservata alle band che mettono sotto contratto per far funzionare il prodotto proposto.
Essere un metallaro oggi
Che fotografia ci regali dello stato di salute del metal ? Suonando molto spesso all’estero, quali differenze noti tra il metal nostrano e quello estero ?
La scena italiana vanta sicuramente un elevatissimo numero di band validissime ma i punti a sfavore che penalizzano la scena non ne rendono facile la crescita.
Al primo posto c’è una mala gestione dei concerti.
Spesso a Roma ci sono anche 3 o 4 concerti nella stessa sera, e le band non riescono a coordinarsi per evitare quello che potremmo chiamare ‘un conflitto di interessi’, a questo aggiungiamo che la maggior parte del pubblico è costituito da musicisti che nella migliore delle ipotesi possono dividersi tra i 3 eventi in questione, mentre il pubblico vero e proprio invece scarseggia, abbiamo così un primo quadro generale del perché i locali spesso sono mezzi vuoti.
Al secondo posto ci sono i locali (non tutti ovviamente) che spesso lasciano fare alle band tutto il lavoro di promozione, quando invece un sano lavoro di squadra porterebbe SICURAMENTE dei risultati migliori.
Al terzo posto ci sono infine le solite e inutili guerre tra poveri, quelle invidie tra band che spesso si traducono con ‘non vado a vederlo perché non viene a vedere me’, ‘fanno schifo meglio stare a casa’, ‘tizio x è un imbecille’ e così via.
Al quarto posto c’è da fare una grande considerazione, siamo arrivati a vivere un momento storico nel quale ci sono più band che pubblico.
E’ ovvio che i musicisti non possono e non dovrebbero essere il cuore pulsante che sta sotto il palco a fare il tifo, ma dovrebbero stare sopra ad esibirsi per un pubblico realmente interessato, ed è ovvio che i veri amanti della musica, quella piccola fetta di pubblico irriducibile che vedi a tutti i concerti, non ha le risorse economiche per seguire una media di 50 concerti al mese.
Tutto ciò a mio parere è molto triste, perché come ho già detto, abbiamo moltissime band di talento e sapere che non possono emergere a causa di questa situazione mi rende infelice.
Per quanto riguarda la scena all’estero, le uniche differenze le fanno i locali che sono più attrezzati e i promoter che spesso (ma non sempre) lavorano con maggiore competenza.
Ma attenzione, il marcio c’è anche fuori, sfatiamo il mito che appena varcato il confine è tutto bellissimo!
Le serate con 15 persone possono capitare anche in Germania, Olanda o Belgio, quello che invece è più difficile da trovare è l’incompetenza o la mancanza di rispetto da parte di un promoter o del locale.
Molti batteristi metal hanno un gran numero di band e spesso l’estate si va incontro a calendari molto fitti che spesso vanno quasi a sovrapporsi. Tu come cerchi di organizzarti per riuscire a rispondere al numero maggiore di date ?
La mia fortuna è quella di coordinarmi in largo anticipo con tutte le mie band, e quella di gestire l’organizzazione dei live con la maggior parte di loro.
In questo modo riesco a far quadrare tutto, è un lavoro pesante, ma alla fine mi permette di fare tutto.
Quando vai a suonare fuori come ti organizzi ? Quali sono le cose che porti sempre con te ?
Porto con me solo lo stretto necessario, rullante, sgabello, pedale, aste, piatti, bacchette, mixer e metronomo.
All’occorrenza porto il set per intero.
Una particolare menzione che ti contraddistingue è il tuo costante impegno a favore dello spirito di comunità all’interno dei batteristi. Puoi parlarcene ?
Sono da sempre un accanito sostenitore del lavoro di squadra!
Ho organizzato tante drum clinics, e piccoli drum fest con il solo scopo di creare aggregazione nella comunità batteristica, e dare la possibilità a tutti di vedere in azione da vicino batteristi di fama internazionale.
Per mia fortuna ho incontrato sulla mia strada persone molto collaborative che mi hanno aiutato molto rendendo possibili i clinic tour di Aquiles Priester, Hannes Grossmann, Peter Wildoer, e John Macaluso.
Ci tengo a ringraziare queste persone (specificando che non sono promoter ma batteristi come) una per una: David Folchitto, Andrea De Carolis, Andrea Bianchi, Fausto Idini, Davide Gennari, Fabrizio Machera, Marco Zambruni, Lorenzo Chiafele, e Simone Gallo.
In particolare con David Folchitto ed Andrea De Carolis sono come due fratelli per me ; negli ultimi 10 anni siamo cresciuti molto insieme, sia umanamente che musicalmente, questo soprattutto grazie alle numerose “imprese batteristiche” che abbiamo affrontato insieme.
Essendo il metal il tuo campo prediletto, impossibile non farti qualche domanda riguardante la tecnica con i pedali. Come hai sviluppato la tua tecnica e che esercizi consigli ?
Non sono e non mi ritengo un grande velocista con il doppio pedale.
Ho sviluppato la mia tecnica suonando moltissimo con i piedi a terra senza utilizzare i pedali, questo mi ha aiutato moltissimo a sviluppare un buon controllo e molta potenza.
E’ un esercizio che consiglio a tutti, ma cosa più importante, approcciatevi a questo tipo di esercizio solo se seguiti da qualcuno o quando avete già un minimo di padronanza con il movimento di piede, caviglia, gamba.
Il rischio di farsi male se non si viene seguiti o se si esagera è sempre dietro l’angolo.
Utilizzo un doppio pedale Pearl Eliminator, il settaggio della molla è intermedio, né troppo lento né troppo tirato., il battente dista 5 dita dalla pelle della cassa.
Domanda di rito per chi suona metal. A favore del trigger o contrario ?
Entrambe ahahahaha, a certe velocità super elevate senza i trigger sarebbe impossibile avere un resa sonora soddisfacente per il pubblico.
Viceversa fino a certi bpm tipo 180/190 il trigger a mio parere non è poi così necessario.
Guardandoti dal vivo un piccolo dettaglio che mi ha sempre fatto strano è il fatto che preferisci le cuffie piuttosto che gli in-ear monitor. Come mai questa scelta ?
Utilizzo le cuffie per isolarmi e concentrarmi il più possibile sul mio suono e sul metronomo.
Da sempre non sono mai stato un fan della band sparata a palla nel monitor, preferisco memorizzare il brano al meglio e suonare le mie parti cercando di il giusto feeling col il click, suonando avanti e indietro a seconda di dove è necessario.
Ci tengo però a chiarire che ovviamente nel monitor ho sempre un ascolto della band, non suono completamente alla cieca ahahahahah.
Un’altra cosa che balza all’orecchio a tutti è la tua grande dinamicità e potenza che mantieni a tutte le velocità d’esecuzione. E’ un qualcosa sulla quale ti sei soffermato particolarmente nello studio oppure una dote innata ?
Sicuramente la mia stazza fisica mi aiuta, ma è una cosa sulla quale mi sono sempre focalizzato.
Negli anni mi sono focalizzato molto sul corretto uso della respirazione, cosa che influisce moltissimo sulla resa live, sulla resistenza e di conseguenza, sulla potenza.
Purtroppo è un aspetto che molti batteristi tendono a sottovalutare, andando spesso in apnea.
Questo nella maggior parte dei casi influisce molto su quello che sarà l’impatto sonoro del nostro drumming durante un concerto.
Questo perché i miei idoli di sempre sono: Deen Castronovo, Tommy Aldridge, Neil Peart, John Macaluso, e Aquiles Priester.
Tutti batteristi che hanno fatto del sound potente uno dei loro principali marchi di fabbrica.
Fai parte della scena metal romana dagli anni ’90. Come si è evoluta questa scena e com’è cambiato il pubblico ?
La scena e il pubblico hanno avuto una forte involuzione (vedi i punti analizzati nella domanda numero 4).
Ricordo con nostalgia gli anni ’90-2000 quando andavo al Coetus Pub, all’Heavy Metal Cafè, al Moon Club, e al Frontiera, tutti locali che hanno visto sui loro palchi grandissime band della scena underground e non solo.
Il ricordo più bello è che questi locali erano sempre pieni, potevi andare a scatola chiusa con la sicurezza che avresti incontrato tante facce amiche e tante facce nuove sempre!
Purtroppo però non c’è stato alcun ricambio e ne vediamo oggi i tristi risultati…
Insieme a David Folchitto, uno dei più grandi meriti che tutti vi riconoscono è la vostra grande dedizione a favore dei nuovi talenti e batteristi emergenti. Dovrebbe essere una cosa naturale, eppure ai giorni odierni sembra un fatto incredibile. Secondo te ai giorni d’oggi, come mai c’è tutto questo scollamento tra i professionisti più affermati ed i nuovi talenti ?
La risposta è semplice e te la divido in più punti:
1 – chi oggi ha un suo “trono” non ha il minimo interesse a pubblicizzare un volto nuovo, questo per paura forse di essere “detronizzato”.
2 – spesso si teme di apparire deboli promuovendo un nome nuovo.
3 – meglio coltivare sempre e solo il proprio orticello che allargarlo con delle nuove collaborazioni.
4 – mancanza di apertura mentale.
Preferisco fermarmi qui.
Da più di un anno porti avanti la pagina Facebook Drum World, dove proponi interviste molto pungenti a grandi professionisti del settore, oltre a pubblicizzare i vari eventi sparsi per l’Italia. Apprezzo tantissimo questa pagina e confesso apertamente di essermi ispirato ad essa per alcune idee. Come è nata questa idea ? In precedenza avevi fatto interviste anche in altre piattaforme on-line, quali pensi che siano state le principali differenze tra l’uso di Internet ora e di qualche anno fa ?
Da bravo nerd dello strumento, ho sempre avuto il pallino delle interviste!
Ho iniziati collaborando con Planet Drum, per passare poi a Groove Portal (finché non hanno chiuso i battenti), successivamente ho deciso di “mettermi in proprio” creando Drum World.
A un anno di distanza considerando che ho fatto tutto da solo,posso dire che le cose sono andate meglio delle aspettative iniziali,.
Al momento lo staff si è ampliato grazie all’aiuto di Andrea Bianchi che si sta occupando della splendida video rubrica ‘Il Batterista Bibliotecario’.
Ammetto che leggo tutte le tue interviste ed in particolare l’intervista con Danilo Menna mi fece profondamente riflettere. Hai intervistato tanti musicisti, c’è qualche intervista alla quale sei particolarmente legato o che ti ha colpito o lasciato riflettere ?
Tutte le interviste che faccio hanno delle domande fisse. Queste hanno il solo ed unico scopo di far riflettere il lettore. In particolare un paio di domande sono a questo finalizzate : quella sull’utilizzo dei social network e quella sulla scarsa partecipazione alle drum clinics e masterclass.
Ho iniziato tardi, avevo circa 17 anni, inizialmente come autodidatta. Successivamente ho studiato privatamente per 4 anni con Massimo Rosari. Poi dopo un anno di stop, mi sono iscritto al Free Drumming Studio di Roberto Pirami che ho frequentato per 5 anni
Vieni da Roma. La tua città cosa rappresenta per te ? Hai trovato un terreno fertile per esprimerti e crescere artisticamente oppure ha rappresentato uno scoglio ?
Roma è una splendida città, è totalmente alla deriva e sta collassando su se stessa, ma questo è un discorso che ci porterebbe off topic.
Non ho trovato nessun terreno fertile, mi sono sempre dato da fare (specialmente nei primi 10 anni) con tutte le mie forze per organizzare eventi e prendere contatti.
Frank Zappa diceva che “senza deviazioni dalla norma non c’è progresso”. Batteristicamente e nella vita quotidiana quali scelte hai fatto per deviare dalla norma ? Quanto conta per te progredire ?
Per me progredire significa ascoltare, collaborare e condividere.
Senza questi 3 elementi il solo studio dello strumento ci porta ad essere dei semplici esecutori, tecnicamente incredibili, ma comunque degli esecutori.
Vivere di musica al giorno d’oggi
Se prima le collaborazioni avvenivano solo a livello locale, ora si ha la possibilità di registrare e collaborare anche a distanza. A te è mai capitato ? Allargandosi le possibilità, si allarga anche la concorrenza. Perché qualcuno dovrebbe scegliere te come batterista di un progetto ? Cosa pensi che ti possa rendere unico ?
Non ho mai avuto il piacere di fare delle collaborazioni a distanza e non le ho mai cercate.
Ho il brutto vizio di essere un musicista che crea o entra a far parte di un progetto e lo vive al 100% ogni giorno, forse questa cosa mi ha penalizzato ma col senno di poi non tornerei mai indietro.
Sono ovviamente aperto a qualsiasi tipo di collaborazione, e in passato mi è capitato spesso di lavorare come session man in studio e dal vivo.
Che importanza deve rivestire la cultura nella tua musica ? Oltre alla musica, come alleni il tuo cervello all’arte ?
La musica E’ cultura al 100% e il fatto che in Italia non venga affrontata a dovere è un vero scandalo visto che siamo un paese che di arte ne ha sfornata a tonnellate nei secoli passati.
Musica a parte, adoro leggere libri fantasy, thriller e storici.
Ci sono mai stati momenti in cui volevi lasciar perdere ?
Ammetto che a volte è veramente dura, ci sono momenti in cui ti sembra di combattere con i mulini a vento, momenti in cui vedi i tuoi soldi uscire e mai rientrare, ma purtroppo fa parte del gioco, puoi accettarlo o cercare un’altra strada.
Ma alla fine la musica è come una droga, è veramente dura disintossicarsi.
Lavori molto da tantissimo tempo. Ti vorrei chiedere qualcosa riguardante la parte più lavorativa di questo lavoro. Come elabori il tuo cachet rispetto al lavoro proposto ? C’è sempre trasparenza in questo mondo oppure talvolta ti sei sentito sfruttato ?
Il cachet andrebbe elaborato in base a una serie di fattori che ovviamente non vengono mai presi in considerazione, questo perché fare il musicista in Italia non è visto come un mestiere ma come un hobby.
Comunque, il cachet andrebbe elaborato sulla base di tre semplici fattori: i costi che la band deve sostenere, la qualità dello spettacolo che offre, la forza commerciale del prodotto proposto.
Hai citati le parole trasparenza e sfruttamento, direi che in Italia una scarseggia e l’altra gode di ottima salute.
Per mia fortuna mi sono circondato di persone oneste con le quali riesco a lavorare.
Sei te in prima persona che ricerchi nuove collaborazioni oppure aspetti che le occasioni si presentino da sole ?
Come ho già detto in precedenza, sono un batterista che cerca sempre di creare una sua situazione nella quale a farla da padrone sia il lavoro di squadra.
Non sono amante delle cover band, ma al giorno d’oggi questo “format” sembra essere un espediente molto divertente e sicuro per poter lavorare. Nel tuo modo di lavorare nelle cover band c’è un’esigenza artistica, la voglia di proporsi o semplice divertimento ? Come ti approcci a “coverizzare” un determinato batterista nel reinterpretarne lo stile ?
Come esempio portante ti parlo de I Metallari Animati, la mia metal cartoon band.
La nostra idea era quella di rendere le sigle diverse dal coro, da qui l’idea di arrangiare il tutto in chiave metal/hard rock, con mash up e mix inaspettati.
Se ne hai la voglia, puoi rendere interessante anche una cover band, ma se vuoi fare un tributo vero e proprio, allora devi offrire al pubblico un’esperienza che soddisfi le sue aspettative, ovvero, provare con te le emozioni che prova con i suoi idoli.
Hai qualcosa che ritieni essere la tua firma sonora per cui qualcuno ti può facilmente riconoscere ? Cosa rappresenta per te il suono ?
Sicuramente il sound potente, i power fills, l’uso del ride e la ricerca di un arrangiamento sempre a favore del brano.
Per me il suono rappresenta quel marchio di fabbrica che rende il batterista riconoscibile al primo colpo, cosa che oggi si è persa con le super quantizzazioni.
Quali sono le caratteristiche principali che deve avere un ragazzo adesso per lavorare ? Come pensi si evolverà questo lavoro ?
Difficile dire come si evolverà, sicuramente bisogna: studiare lo strumento; trovare un bravo insegnante; seguire quante più drum clinics possibili di tutti i generi possibilmente; usare i social in maniera costruttiva evitando sterili polemiche o inutili favoritisimi dettati dalla moda del momento; cercare di essere personali senza emulare qualcun altro; non avere paura di chiedere a chi ne sa di più quando arrivano proposte particolarmente disoneste.
Quali sono i batteristi che maggiormente segui e quali pensi che siano i migliori prospetti nel panorama italiano ?
In ambito italiano seguo e consiglio i seguenti drummers: Giampaolo Rao, Federico Paulovich, Luca Fareri, Daniele Chaintese, Yuri Croscenko, Giulio Galati, Raphael Saini, David Folchitto, Andrea De Carolis, Valerio Lucantoni ed Emiliano Bonini.
In particolare vorrei dire di Emiliano Bonini che oltre ad essere un ottimo drummer, ha una grande capacità comunicativa. Proprio questa sua peculiarità viene messa in evnidenza con i suoivideo di satira intelligente dove mette in luce alcuni aspetti della nostra comunità che purtroppo ci allontanano gli uni dagli altri.
Ti lascio con le due domande con cui di solito chiudi le tue interviste su Drum World.
Premetto che la prossima domanda, non vuole essere polemica, ma ha anzi lo scopo di fare luce su un problema attuale che sta colpendo la scena batteristica italiana. Secondo te, dato l’attuale “disinteresse” verso eventi come drum clinic, o altre manifestazioni musicali da cosa è dovuto? Motivi economici? Di Tempo? O forse l’eccessiva quantità di informazioni su internet ha abbassato il livello di curiosità della gente?
Credo che la gente sia diventata molto pigra, sicuramente la situazione economica non è delle migliori, anzi!
Ma la pigrizia e il disinteresse verso la scena musicale e batteristica stanno raggiungendo i massimi storici.
A volte si ha la fortuna di vedere drum clinics con un pubblico che va dalle 30 alle 70 persone e si grida al miracolo, ma come ho già detto, manca un pubblico vero e proprio, e i musicisti non sempre possono essere attrazione e cliente del loro stesso mercato, anche se in questo ambito, si tratta di investimenti utili per la propria crescita artistica e professionale.
5 album nostrani e 5 internazionali che ritieni fondamentali per la crescita musicale di un batterista.
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