E’ senza dubbio uno dei volti più rappresentativi della batteria metal in Italia : David Folchitto, romano classe 1978. Al suo attivo un’intensissima attività in studio e dal vivo che lo rendono a tutti gli effetti uno dei batteristi italiani più gettonati nel campo metal. Nomi eccellenti tra le sue collaborazioni come Stormlord, Prophilax,Embryo, Nerodia, Novembre, Gravestone, Federico Paciotti e molti altri.
Da circa 2 anni il suo nome è anche legato ai perugini Fleshgod Apocalypse, vere e proprie star del metal sinfonico nel mondo. Con loro David ha avuto la possibilità per 2 anni consecutivi di suonare in lungo e largo per gli States, raccogliendo un grandissimo successo di pubblico ed il pieno plauso dei fan della prima ora dello storico gruppo.
Ma oltre al successo, la storia di David è una storia di tenacia e di grande caparbietà, un continuo studio per migliorarsi ed essere sempre pronto alle diverse esigenze ed evoluzioni del genere. Ma David è sempre stato anche fautore delle nuove leve, aiutandole molto nella crescita e nell’introduzione al mondo del lavoro. Gli spunti di riflessione insomma non sono mancati.
“Questo è ciò che eravamo, questo è ciò che ancora siamo”. Viene detto ai concerti dei suoi Stormlord. Questo è David Folchitto, una leggenda del metal in Italia e nel mondo
Ciao David, sei tornato da poco da un lungo tour con i Fleshgod Apocalypse. Hai avuto maniera di girare in lungo e largo gli States per la seconda volta. Secondo te qual’è la maggior differenza tra come viene interpretata la musica oltreoceano e qui in Italia ?
Innanzitutto posso dire che il bello di suonare in America è che la gente viene ad ascoltarti e conoscerti, il tutto con una la stessa curiosità che si ha in Italia quando viene “la band Americana”. Per loro è la stessa cosa con le band Europee. La curiosità secondo me deriva dal fatto di appartenere a continenti diversi e molto distanti. Per quanto riguarda la domanda nello specifico direi che le differenze sono per lo più di livello culturale a mio avviso. Mi spiego meglio : gli States sono da sempre un mercato molto favorevole per il metal, è parte della loro cultura, per certi versi. Basti pensare non solo a nomi di bands ben noti a tutti, ma anche ai movimenti dei fari genere, potrei citare la scena death metal della Florida o quella Thrash della Bay Area. Credo che la differenza sia principalmente questa rispetto all’Italia, ossia un posto dove il metal ha invece iniziato a muovere i primi passi una ventina di anni fa. In questo caso direi che il “nuovo continente” (e in visibile crescita) siamo noi.
Sei da tanti anni un nome di spicco nel panorama metal italiano ed europeo. Visto da fuori sembra un momento di grande fermento visti i recenti successi internazionali di band italiane come il vostro o di altre band come Hideous Divinity, Destrage e altri. Che fotografia ci regali del momento della musica metal in Italia ?
Confermo e sottoscrivo! Il metal in Italia negli ultimi anni ha mosso dei veri e propri passi da gigante e da sostenitore della scena non posso che esserne più che contento. Citando i nomi appena fatti non possiamo non parlare del recente contratto tra Hideous Divinity e Century Media (e per questo faccio i miei più sinceri auguri ai ragazzi della band). I Destrage sono ormai da anni un nome di spicco della scena italiana sia qui che oltre confine. Ma potrei anche citare gruppi come i Bloodtruth o gli Hour of Penance, senza contare che, a mio modesto parere, abbiamo la migliore scena underground che si possa desiderare!
Nei Fleshgod hai avuto l’arduo compito di sostituire Francesco Paoli che è diventato cantante e chitarrista del gruppo. Come hai fatto ad entrare in questo gruppo ? Come ti sei approcciato all’esecuzione delle parti molto intrigate scritte da Francesco Paoli ?
Francesco mi chiamò per dirmi che, a seguito dell’abbandono del loro storico singer, sarebbe tornato dietro al microfono. Devo dire che rimasi davvero spiazzato, l’abilità di Francesco dietro ai tamburi è nota a tutti. Quando mi chiese se volevo prendere il suo posto rimasi ancor più spiazzato. Conosco molto bene le canzoni e le parti di batteria dei Fleshgod e veramente c’è da mettersi le mani nei capelli!
Per fortuna mi piace mettermi in gioco e cercare di migliorarmi ogni giorno. Direi che sfida più stimolante non mi poteva capitare. Ho dovuto fare un lavoro specifico sulla velocità e sulla resistenza, viste le parti molto lunghe sia di doppia cassa che di blast beats. Inoltre ho cercato di capire un po’ a grandi linee lo stile di Francesco ed il suo approccio nello scrivere le partiture di batteria … Insomma ho cercato di entrare un po’ nella sua testa. Credo che il modo migliore di capire come funzionano delle parti sia cercare di capire come ragiona chi le scrive, al di là del puro fattore tecnico.
Cosa ha rappresentato per te sostituire un membro che rimane presente nel gruppo? Aggiunge ulteriore stress al tuo lavoro oppure ti è stato comodo per avere la possibilità di confrontarti sulle tue parti?
Per certi versi sostituire qualcuno che rimane nel gruppo, anche se cambia strumento, un po’ di stress e di sensazione di avere gli occhi addosso lo crea, ma non è colpa di nessuno. Anzi Francesco mi ha sempre dato la possibilità di mettere del mio sulle parti, senza stravolgerle ovviamente. Dall’altra parte la sua presenza si rivela sempre utile se qualche parte mi è poco chiara o se si decide di riarrangiarla. E’ sicuramente più un vantaggio che uno svantaggio, anzi in questo caso di svantaggi non parlerei proprio![/showhide[
In una bellissima clinic che hai tenuto tempo fa, raccontavi della tua esperienza con i Fleshgod e di come per te sia importante capire le personalità dei musicisti con cui collaborerai per svolgere al meglio il tuo lavoro in loro funzione. Puoi spiegare questo concetto ?
Ti ringrazio innanzitutto per l’apprezzamento di quella clinic! Era la prima volta che trattavo un argomento simile. Ho sentito l’esigenza di farlo perché negli anni e nelle varie fasi del mio lavoro ho avuto a che fare con molti musicisti, ognuno ovviamente con un proprio carattere e un proprio modo di scrivere e di concepire la musica. Durante la stesura dei vari brani o anche ascoltando partiture di batteria scritte al computer dall’autore di turno, ho notato una forte attinenza tra il carattere di quella persona e il suo modo di scrivere musica. Notavo che i pezzi che andavo a suonare rispecchiavamo in maniera molto fedele la personalità di chi li scriveva, che poi se ci pensi bene è abbastanza normale come cosa. Tutto sommato la musica, così come ogni tipo di attività artistica, riflette l’io di chi la scrive. Molto spesso mettendo in luce i lati oscuri di quella persona, lati che però, a seguito di una conoscenza meno superficiale, possiamo notare nell’autore di questo o di quel pezzo. Da li mi è venuto spontaneo pensare che ascoltando le canzoni si arriva a conoscere chi le scrive e, in un secondo momento, conoscendo chi scrive si arriva quasi a prevedere come scriverà!
Per caso, giocando con degli amici miei a casa a “fare i musicisti”! Volevo diventare un chitarrista ma capii ben presto di non essere portato per quello strumento, quindi presi le bacchette in mano ed iniziai a fare air drumming su “Creeping Death” dei Metallica. Uno dei miei amici mi disse “ma perché non ti metti a suonare la batteria?” ed io risposi “ma si, perché no?” ed eccomi qua!
Ho iniziato come autodidatta suonando dietro ai dischi e facendo esperienza in sala prove. Dopo essermi reso conto che non avrei mai superato il livello a cui ero arrivato senza un aiuto iniziai un percorso di studi con Pierpaolo Ferroni prima e con Maurizio dei Lazzaretti poi, maestri ai quali devo tantissimo tutt’oggi.
Hai studiato con un batterista che ammiro molto. Che pensiero porti di Pier Paolo Ferroni come didatta e come artista ?
Pierpaolo potrei riassumerlo con una semplice parola: geniale! E’ un artista pazzesco, ha una conoscenza dello strumento, non solo tecnica ma anche storica, che lascia a bocca aperta, è uno sperimentatore, un visionario, ha un modo di suonare unico e ha un approccio estremamente libero in tutto ciò che fa. La cosa bella è che tutto quello che fa non è mai sbagliato, è capace di mettere un tappeto di doppio pedale all’interno di una composizione jazz e il bello è che nel momento in cui lo fa ci sta sempre bene. Lui è avanti a tutti, come didatta è stato indispensabile per me, mi ha insegnato la cosa più importante di tutte, che sia in sala prove con gli amici o che sia in una grande produzione : non smettere mai di mettere te stesso in quello che fai!
Con lui vi siete avvicendati sullo sgabello dei Prophilax. In questa formazione suoni da moltissimo tempo con un successo sempre costante. Come hai iniziato a suonare con loro ?
Venni contattato da Fabio Pinci, che si ritrovò ad ascoltare un disco degli Stormlord e mi disse che avrebbe voluto dare un approccio più metal in sede live ai pezzi. Suonare nei Prophilax ti fa crescere molto come musicista, loro sono in grado di scrivere di tutto, dal metal al funky, dal pop alla fusion. Ti confesso che all’inizio non fu facile, avevo un’impostazione troppo metal su tutto e certi pezzi non suonavano come dovevano. Fortunatamente ho potuto contare sull’aiuto di Fabio e di Ludovico (Piccinini). Sono ormai 15 anni che suoniamo insieme e ne vado fiero!
Visti i tuoi numerosissimi impegni, talvolta vieni sostituito da Dimitri Nicastri. Quali consigli gli hai dato ? Cosa ne pensi di lui ?
Trovo Dimitri un batterista estremamente valido. Preciso, affidabile, versatile ed estremamente dedito allo studio. Quando venne chiamato per sostituirmi sapevo che i ragazzi erano in buone mani. All’epoca aveva delle band metal e quindi non ci fu bisogno di dargli consigli (anche se in seguito abbiamo spesso parlato di tecniche estreme sul pedale). Abbiamo stili e ascolti molto diversi e tra noi c’è grande stima e rispetto. Quando so di non poter suonare coi Prophilax so di lasciarli in mani più che buone!
Essendo il metal il tuo campo prediletto, impossibile non farti qualche domanda riguardante la tecnica con i pedali. Come hai sviluppato la tua tecnica e che esercizi consigli ?
Ho inziato suonando coi piedi a terra, sul pavimento, cercando di far rimbalzare il piede. In seguito ho cercato di sviluppare il più possibile il movimento di caviglia lavorando sulla reattività e sull’impulso, per avere potenza risparmiando energie. Anche studiare senza le molle lo trovo di grande aiuto. La mia routine è sempre la stessa da diversi anni. La swivel technique è arrivata in seguito, quasi per caso, mi trovai a suonare dal vivo con pedali che non erano miei e vidi che il piede iniziava a muoversi a destra e a sinistra, all’inizio ne rimasi quasi spaventato, poi capii quanto quel movimento fosse utile, ad oggi non la considero una vera e propria tecnica ma un movimento istintivo del corpo.
Una cosa che balza all’orecchio a tutti è la tua grande dinamicità e potenza che mantieni a tutte le velocità d’esecuzione. E’ un qualcosa sulla quale ti sei soffermato particolarmente nello studio oppure una dote innata ?
Ho passato tanto tempo a lavorare sul suono, anche le tante esperienze di registrazione mi hanno aiutato non poco in questo. Come ho scritto per la tecnica sul pedale cerco sempre di lavorare sui movimenti impulsivi e “frustati”, movimenti che generano un forte impatto anche se il colpo parte da distanza ravvicinata. Ho lavorato poi sull’uso dei vari muscoli e delle varie parti del corpo a seconda della velocità che richiedevano, se ho a che fare con qualcosa di più lento e cadenzato cerco di lavorare sul peso, man mano che la velocità sale lavoro più di impulso. L’obiettivo è sempre lo stesso, cercare di ottenere il massimo risultato col minimo sforzo.
Oltre ai Fleshgod, lavori in tantissimi altri gruppi come ad esempio i tuoi Stormlord con i quali suoni dal 1998. Come ti approcci a scrivere le tue parti di batteria per un disco ?
Scrivere le parti di batteria è sempre un lavoro delicato in cui nulla va mai lasciato al caso. In generale parto sempre ascoltando il riff di chitarra, sopra cui cerco di costruire un pattern che vada bene a tutti, non solo a me, perché è chiaro che tutto dev’essere fatto per il pezzo e non per se stessi. Una volta che la bozza di batteria è pronta ci si lavora tutti insieme, non sono geloso delle mie parti e qualsiasi consiglio o sperimentazione viene sempre preso in considerazione, a volte un chitarrista o qualsiasi altro musicista che non suoni la batteria è in grado di dispensare idee notevoli ed estremamente efficaci., anche perché intendono la batteria in maniera diversa da un batterista. E questo tante volte è davvero un bene.
Nel corso della tua militanza ventennale con gli Stormlord, come si evoluto il suono del gruppo e il tuo in loro relazione ?
Potrei riassumere tutto dicendo che non esiste un disco uguale all’altro, anche in virtù del fatto che in vent’anni abbiamo fatto “solo” sei dischi. Ma credo sia questo il bello, abbiamo avuto svariati cambi di formazione, con conseguenti stati emozionali, abbiamo avuto tante esperienze di vita più o meno belle che abbiamo riversato nei nostri dischi. Il minimo comun denominatore è stato sempre uno: evolversi! I pezzi (e lo stile) cambiavano perchè eravamo noi a cambiare ma questo non ci ha mai spaventato, Stormlord ha sempre rappresentato noi, quello che facciamo e ciò in cui abbiamo sempre creduto, senza maschere e senza paura. Non a caso vorrei citare una frase tipica dei nostri concerti usata per presentare “mare Nostrum”: “questo è ciò che eravamo, questo è ciò che ancora siamo!”
Oddio, in tanti anni ce ne sono state innumerevoli, ma sceglierei l’ultima, il 24 Maggio di quest’anno, quando ho ricevuto gli auguri sul palco per il mio compleanno (che sarebbe il 23). Chi mi conosce sa che, da qualche anno a questa parte, organizzo sempre qualche live per festeggiare. Non era mai capitato con Stormlord, con la mia band storica, ricevere gli auguri dei ragazzi e del pubblico, tra l’altro in occasione del release party del nostro ultimo album “Far”, è stata un’emozione unica, ero commosso!
Fai parte della scena metal romana dagli anni ’90. Come si è evoluta questa scena e com’è cambiato il pubblico?
Diciamo che le cose sono andate un po’ in direzioni diverse, prima c’era tanta affluenza di pubblico ma pochi gruppi, oggi invece ci sono molte più band ma meno gente ai live. Non saprei dirti quale sia il vero motivo; forse con tanti gruppi (e di conseguenza concerti) in più il pubblico si divide, chi va a vedere quello e chi quell’altro, l’arrivo dei social, è un po’ cambiato tutto, forse anche le persone sono cambiate. Non sto qui a puntare il dito contro qualcuno o a dire che è sbagliato. Il mondo va avanti, la gente cambia, cambiano le abitudini e il modo di vedere le cose, non credo sia giusto vederla come evoluzione o involuzione, è semplicemente lo stato attuale delle cose.
Uno dei più grandi meriti che tutti ti riconoscono è la tua grande dedizione a favore dei nuovi talenti e batteristi emergenti. Dovrebbe essere una cosa naturale, eppure ai giorni odierni sembra un fatto incredibile. Secondo te ai giorni d’oggi, come mai c’è tutto questo scollamento tra i professionisti più affermati ed i nuovi talenti ?
Potrei risponderti dicendo che anche dalla parte dei gruppi è lo stesso. Poco sopra ho parlato della scena underground piena di talenti e di gruppi interessanti, scena supportata fino a un certo punto. Il pubblico non vuole “rischiare”, la gente vuole cose sicure. Credo sia lo stesso per quanto riguarda i batteristi emergenti e mi spiace, perché sono convinto che il lavoro ci sia per tutti. Per quanto mi riguarda cerco di dare il mio contributo aiutando chi lo merita a emergere. Non sono geloso né ho paura che qualcuno mi rubi il lavoro, anzi al contrario penso che l’impiego di più persone nello stesso campo possa solo aiutare ad aumentare il giro e a migliorare la scena.
Vieni da Roma. La tua città cosa rappresenta per te ? Hai trovato un terreno fertile per esprimerti e crescere artisticamente oppure ha rappresentato uno scoglio ?
Amo la mia città, con tutta la sua frenesia, i suoi difetti, la amo così, non mi vedrei a vivere da nessun’altra parte. Musicalmente mi ha offerto tante opportunità, non posso che parlarne bene.
Frank Zappa diceva che “senza deviazioni dalla norma non c’è progresso”. Batteristicamente e nella vita quotidiana quali scelte hai fatto per deviare dalla norma ? Quanto conta per te progredire?
Credo che il progresso sia alla base del vocabolario non solo mio ma di qualsiasi musicista, la voglia di superare i limiti, di mettersi in gioco anche in situazioni scomode (musicalmente parlando), di correre dei rischi. Per quanto mi riguarda ho lasciato lavori sicuri, a tempo indeterminato, per buttarmi a capofitto nella mia passione e per trasformarla in un lavoro, ho corso il rischio, mi sono lanciato senza paracadute. Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che ha sempre appoggiato le mie scelte, mia madre mi ha insegnato che non ci sono soldi che possano comprare la felicità delle persone e che se avessi fatto ciò che mi rendeva felice prima o poi sarei riuscito anche a viverci!
Se pensi che la situazione della batteria al femminile sia da migliorare, cosa pensi che debba essere fatto per incentivare ragazze a calcare i palchi ?
Innanzitutto credo non debba essere fatta alcuna discriminazione, in nessun senso, mi spiego meglio. Ho visto esempi di ogni tipo, dal criticare eccessivamente una ragazza alla batteria in quanto ragazza all’elogiare sempre eccessivamente e sempre perché ragazza. Ritengo un musicista valido al di la della provenienza o del fatto che sia maschio o femmina, se una ragazza suona bene glielo dico, se suona male le dico che suona male, nulla di più e nulla di meno di ciò che farei con un batterista maschio. La verità sta sempre nel mezzo. Elogiare o criticare ci sta, ma mai a prescindere. Credo si debba lavorare in questo senso, solo così non ci saranno più pregiudizi o discriminazioni.
Sono votato al buon Tama Iron Cobra! Ho 2 doppi pedali e una coppia di singoli. Per quanto riguarda le regolazioni sono diverse per ogni pedale. Molle dure e regolazione delle molle quasi al massimo sui singoli. I doppi pedali sono regolati anch’essi in maniera diversa, uno monta molle medie regolate al massimo, l’altro a metà se non addirittura sotto. Sono consapevole che all’inizio suonare strumenti così diversi può mandare in confusione ma è vero al tempo stesso che da un enorme aiuto alla sensibilità del piede di riuscire a sviluppare un maggior controllo a seconda delle situazioni. Spesso mi è capitato per varie ragioni di non poter montare il mio pedale e ho dovuto suonare con ciò che avevo. Questo lavoro mi ha aiutato tantissimo in questo senso e lo consiglio a tutti.
Domanda di rito per chi suona metal. A favore del trigger o contrario ?
Diciamo che mi vedo a metà strada, direi che a seconda delle situazioni si può utilizzare o meno il microfono o il trigger. Per quanto mi riguarda li uso in situazioni più estreme, ad esempio con i Fleshgod, con gli Stormlord o con gli Screaming banhsee, per tutte le altre situazioni preferisco sempre la cassa acustica, per quanto anche “miscelare” trigger e microfono tante volte si rivela una scelta azzeccatissima.
Mantenendo sempre una grande dinamicità con quanto espresso dagli arti superiori, immagino che per quanto riguarda il lavoro che svolgi con i piedi, una delle difficoltà maggiori sia rappresentato dall’avere un volume costantemente molto esasperato anche a velocità elevate. Come riesci ad ottenere una grande potenza anche da parte degli arti inferiori ?
Riconducendomi al discorso dell’impulso cerco di lavorare coi i piedi a terra, sul pavimento, tenendo i talloni poggiati e muovendo solo la caviglia per sviluppare il muscolo della tibia, è un po’ doloroso all’inizio ma poi i risultati arrivano. Un altra cosa che faccio quando studio è quella di suonare completamente acustico, senza trigger (che uso spesso dal vivo e che aiutano non poco a risparmiare energie) e cercando di ottenere un volume uniforme a tutte le velocità, spesso mi registro con la Go pro o anche col cellulare per rivedermi e soprattutto risentirmi. In generale cerco sempre di mettermi in difficoltà, è nelle difficoltà che si cresce più velocemente.
Uno dei più grandi incubi per i musicisti che si trovano a suonare in giro per il mondo è trovare un set che possa venire incontro alla propria musica. Sei endorser di molti marchi prestigiosi come Vic Firth, Evans, Tama, Zildjian e Markline Snare. Come ti hanno aiutato nel corso del tour americano ?
Ho avuto un enorme supporto da parte dei miei marchi. Negli States ho sempre avuto la fortuna di suonare su una favolosa Tama Starclassic, anche Vic Firth mi ha dato un gran supporto facendomi trovare le bacchette dovunque avessi bisogno. Non potrei chiedere di meglio!
Qualche aneddoto del vostro tour ? Com’è la percezione della batteria italiana all’estero?
In generale è sempre andato tutto piuttosto liscio, la vita in tour non è sempre semplicissima ma alla fine è quello che abbiamo scelto di fare, gli spostamenti sono tanti, così come scalette e orari da rispettare, ma è una cosa che passa in secondo piano quando c’è una grande passione a guidare il tutto! Per quanto riguarda la batteria italiana all’estero posso dirti che la considerazione e il rispetto non manca. Quest’anno poi mentre ero negli States con i Fleshgod anche il buon Giulio Galati si trovava in tour con gli Hideous. Te lo immagini sti due matti a far danni in giro per l’America? Purtroppo non siamo mai riusciti ad incontrarci ma quando uno suonava in un locale dove l’altro avrebbe dovuto suonare mandava la foto via whatsapp. A pensarci bene sarebbe stato da fare un diario parallelo in tour, ma non è esclusa una cosa simile in futuro!
Se prima le collaborazioni avvenivano solo a livello locale, ora si ha la possibilità di registrare e collaborare anche a distanza. A te è mai capitato ? Allargandosi le possibilità, si allarga anche la concorrenza. Perché qualcuno dovrebbe scegliere te come batterista di un progetto ? Cosa pensi che ti possa rendere unico ?
Mi è capitato qualche volta di registrare a distanza, però non parlerei di concorrenza, sono sempre dell’idea che il lavoro ci sia per tutti, alla fine credo che nonostante tutto se una band vuole te ti chiama anche se ci sono altri 1000 batteristi. Il motivo per cui scelgono me non lo so sinceramente, quindi sarebbe da chiedere ai gruppi in questione, non mi ritengo più bravo di altri, credo solo di saper fare il mio lavoro nel modo corretto.
Non sono amante delle drum cover, ma al giorno d’oggi questo “format” sembra essere un espediente molto pratico per proporsi e proporsi. Nel tuo modo di fare le drum cover c’è un’esigenza artistica, la voglia di proporsi o semplice divertimento ? Come realizzi queste cover e come arrangi le tue reinterpretazioni dei brani ?
Di cover band è pieno il mondo, molti musicisti si affidano a questo genere di situazioni musicali per avere uno spazio in cui suonare visto che con la musica originale le possibilità sono di meno, addirittura c’è chi ha la cover band per finanziare il proprio progetto originale, insomma c’è tutto un mondo anche dietro a questo mondo! Per quanto riguarda me ho due cover band, anzi le definirei tribute, una dei Rammstein e una con cui facciamo brani di Helloween e Gamma ray. La tribute per me è una forma di divertimento e soddisfazione, mi piace suonare le cose con cui sono cresciuto (il power metal) e altre che ho imparato ad apprezzare più tardi (i Rammstein ad esempio).
Che importanza deve rivestire la cultura nella tua musica ? Oltre alla musica, come alleni il tuo cervello all’arte ?
Sicuramente ciò che influenza maggiormente un musicista nel comporre è l’ispirazione che viene data dal mondo e soprattutto dall’ambiente circostante. Per me, essendo a Roma, è tutto più facile, basta passare davanti al Colosseo per trarre ispirazione o per le vie storiche, magari col sole in primavera o in estate. Vivo in una città dove l’arte la fa da padrona, impossibile non rimanerne catturati!
Cosa rappresenta per te l’arte e come la ricerchi ? Questa ricerca influenza il tuo modo di suonare o d’intendere la vita ?
Come detto sopra vivendo a Roma non sei tu che cerchi l’arte, è l’arte che trova te! Una cosa che amo fare è girare con la macchina in piena notte per le vie storiche, da Circo Massimo a santa Maria Maggiore passando per il Colosseo. E’ in questi momenti che ne approfitto per pensare, non solo alla musica ma anche al resto.
Ci sono mai stati momenti in cui volevi lasciar perdere?
Ci sono stati, più di una volta, credo sia una cosa che capita a qualsiasi musicista, magari quando qualcosa non riesce, o quando al di fuori della musica le altre cose vanno male, ma sono quasi sempre cose che si dicono. In realtà non potrei mai smettere di suonare, fa troppo parte di me e di ciò che sono per dire basta.
Lavori molto da tantissimo tempo. Ti vorrei chiedere qualcosa riguardante la parte più lavorativa di questo lavoro. Come elabori il tuo cachet rispetto al lavoro proposto ? C’è sempre trasparenza in questo mondo oppure talvolta ti sei sentito sfruttato ?
Il cachet varia a seconda delle situazioni, ad esempio dipende da quanto tempo hai a disposizione, dalla libertà che ti danno sulle partiture, di solito si parte da uno standard e ci si mette sempre d’accordo, personalmente non mi sono mai sentito sfruttato, sia nel caso in cui sia io a propormi sia nel caso venga contattato Dal momento in cui accetto un’offerta vuol dire che mi va bene, quindi no, sfruttato mai.
Sei te in prima persona che ricerchi nuove collaborazioni oppure aspetti che le occasioni si presentino da sole?
Dipende, solitamente le proposte arrivano, a volte mi propongo io, ad esempio con Edoardo Taddei, un ragazzo di 19 anni che con la chitarra fa quello che vuole. Dopo averlo visto suonare mi sono proposto di aiutarlo e di farlo conoscere in giro, trovo giusto investire il proprio tempo anche sulle giovani promesse.
Hai qualcosa che ritieni essere la tua firma sonora per cui qualcuno ti può facilmente riconoscere ? Cosa rappresenta per te il suono ?
Difficile giudicarsi da soli, spesso la gente mi dice “si sentiva che eri tu alla batteria, ti ho riconosciuto dal suono”. Non ho mai chiesto da cosa riescano a capire che sia io a suonare, per me hanno degli orecchi bionici! Per me il suono rappresenta te stesso, ognuno di noi ha il suo suono, non credo che il mio sia così particolare e diverso dagli altri, però sono contento che la gente lo apprezzi e riconosca addirittura mentre sto suonando!
Quali sono le caratteristiche principali che deve avere un ragazzo adesso per lavorare ? Come pensi si evolverà questo lavoro ?
Oltre all’immancabile preparazione tecnica ritengo fondamentale il saper interagire con gli altri, avere un buon carattere e sapersi adattare sono requisiti a mio parere fondamentali. Tutto sommato il lavoro si basa sui rapporti tra perone e sappiamo che, soprattutto in ambito musicale, si incontra gente di tutti i tipi, quindi diventa fondamentale saper stare al proprio posto. Ho visto tanti gruppi cambiare musicisti fortissimi con altri meno bravi ma “che non rompono le palle”. In questi casi saper vivere spesso è più importante che saper suonare!
Il tuo futuro lavorativo lo vedi in Italia o all’estero ?
Un paio li ho già citati, vale a dire Giulio Galati e Dimitri Nicastri, mi piace molto Yuri Croscenko. Poi c’è Emiliano Cantiano che per me, oltre a essere un fratello, è uno dei migliori didatti che abbia mai visto e un vero talento nel progressive metal. Di talenti ne potrei citare tantissimi, Valerio Lucantoni, Andrea de Carolis, anche affermati come Raphael Saini e lo stesso Federico Paulovich … non abbiamo nulla da invidiare all’estero, anzi!
Con Vic Firth hai un rapporto storico che va avanti da tantissimi anni. Com’è nata la vostra collaborazione e come si sta evolvendo ?
E’ una storia che dura da ben 15 anni! Scrissi una mail nel 2004, pensai “vabbè proviamo, tanto manco mi rispondono” e invece, pochi giorni dopo, arriva una mail che diceva che avevano visto qualche video in cui suonavo e che avrebbero accettato una collaborazione. Non ci credevo, pensavo fosse uno scherzo e invece poche settimane dopo arrivò il contratto da Boston. E’ stato il primo marchio che ha creduto in me, è una vera famiglia! Mi seguono e mi supportano sempre, non potrei chiedere di meglio!
Con Markline hai un rullante signature. Com’è stato realizzato e che specifiche gli hai voluto dare ?
Ho 2 rullanti Markline, il primo è un prototipo che Marco (di Profio) mi fece provare, rullante di cui mi innamorai e che ho letteralmente “rubato”, nel senso che non gliel’ho più restituito, mi piaceva troppo, è un cannone! Di lì a poco, dopo aver annunciato l’inizio della collaborazione, non solo a livello di endorsement (sono anche nel team di sviluppo sonoro per i rullanti futuri), partimmo da quella base per realizzare il rullante signature che uso con i Fleshgod, sempre in mogano ma con una nota più acuta rispetto al prototipo (per favorire maggiormante la definizone sui blast beats). La caratteristica principale dei rullanti Markline è la versatilità, l’uso a 360 gradi che ne puoi fare, sono veramente contento di poter lavorare con loro!
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