Il 2019 è stato un anno di grandi soddisfazioni per Alessandro Beco. Laureatosi con il voto di 110 e lode presso il Conservatorio di Parma, trai vari concerti si è esibito alle percussioni anche nell’aula del Senato nell’orchestra giovanile del Maestro Riccardo Muti.
E di certo il 2020 parte nel migliore dei modi e ideale proseguo dei successi dell’anno precedente, con l’impegno presso il prestigioso Teatro Regio di Parma per l’opera Turandot di Giacomo Puccini, inaugurando così la stagione concertistica di quest’anno che vede Parma capitale italiana della cultura (sarà presente anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella).
15.12.2019 Concerto in Senato dell’orchestra diretta dal Maestro Riccardo Muti (Alessandro Beco è in ultima fila, con i piatti in mano)
Da qualche anno il nome di Alessandro Beco è sempre più presente nel panorama dei percussionisti classici italiani. Laureato con 110 e lode presso il prestigioso conservatorio di Parma, ha diviso il suo percorso didattico tra il conservatorio emiliano ed il “Briccialdi” di Terni. Oltre ai risultati in ambito didattico, notevolissima è l‘attività a servizio di numerose orchestre e che l’ha visto suonare, oltre che in Europa, anche negli Usa ed in Cina.
Seppur molto giovane (classe 1991), ha suonato per il famoso Ensemble cameristico italiano Tetraktis Percussioni, oltre ad aver collaborato con alcune delle più famose orchestre come l’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, Filarmonica A. Toscanini di Parma, Orchestra Regionale Emilia Romagna, FOI Bruno Bartoletti, Mahler Academy Orchestra, Orchestra Giovanile L. Cherubini, Les Musicies du Prince Opéra de Monte-Carlo, Camerata Strumentale Città di Prato, Ensemble Roma Sinfonietta, Perugia Big Band e varie formazioni del centro Italia.
E’ stato diretto da Riccardo Muti, Vladimir Fedoseyev, Donato Renzetti, Diego Matheuz, Matthias Pintscher, Timothy Brock, Dennis Russell Davies, Daniele Callegari e Fabio Maestri.
I tanti aspetti legati al suo percorso didattico e del mondo del lavoro nelle orchestre sinfoniche mi hanno danno il pretesto per scambiare qualche preziosa considerazione sul mondo delle percussioni classiche in Italia.
Ciao Valerio, sai io provengo da un piccolo paese dell’Umbria e ho cominciato a studiare nella scuola di musica del mio paese. Devo ringraziare i miei genitori, i quali non sono musicisti ma ritenevano importante che la musica facesse parte della mia crescita personale e della mia educazione. In realtà non so cosa mi spinse cosi tanto verso il mondo delle percussioni, ma ho un piccolo aneddoto simpatico. Ho il ricordo limpidissimo di quando da bambino, una volta terminato il corso propedeutico, mi fu chiesto cosa volessi studiare ed io risposi in maniera secca: “o batteria, o niente!”
Con la musica classica è stato “amore a primo ascolto” oppure è stato un processo graduale ?
Ho scoperto tramite la banda e ancor di più tramite il conservatorio la bellezza della musica classica. E’ stato difficile entrare in contatto con qualcosa che ti propinano sempre come noiosa e per intenditori, tuttavia io non ho avuto pregiudizi. L’ascolto rispetto a una canzone di musica leggera è ovviamente diverso, ma proprio per questo mi piace molto ascoltare e riascoltare alcuni brani per scoprirne ogni volta qualcosa di nuovo, di più nascosto, di più profondo.
Tra le varie esperienze lavorative, hai suonato per l’orchestra giovanile del Maestro Muti in diverse occasioni, non ultimo il concerto di Natale in Senato. Cosa puoi raccontarci di questa esperienza ?
Esperienza fantastica. Orchestra piena di ragazzi preparatissimi, un ambiente lavorativo davvero stimolante dove poter crescere, ed essere diretti dal Maestro è stato un vero onore.
Ho avuto modo di lavorare per diverse orchestre italiane, ma spero di avere presto altre occasioni di poter collaborare con questa bellissima realtà e con il Maestro.
La tua attività musicale ti porta a suonare in contesti molto differenti tra loro. Per avere piena padronanza di stili differenti penso che alla base ci sia tanta curiosità e stimoli che provengono da più parti. Che rapporto hai con la curiosità e la ricerca ?
Una ricerca consapevole, guidata da un ponderato approccio teorico e dall’avvicinamento a un professionista del settore, assieme a tanta curiosità, sono alla base per comprendere la complessità e le mille sfaccettature della musica.
Basilare. Per tutti i musicisti e non solo, numerosi furono i compositori del Novecento che si spinsero in un’approfondita ricerca timbrica e melodica nelle percussioni. Mi vengono in mente le parole del compositore americano John Cage: “Se in passato la percussione aveva avuto un ruolo modesto e secondario, essa ha acquisito molta importanza nella musica del XX secolo per vari fattori: l’interesse per il rumore, l’utilità del ritmo, l’attenzione per gli strumenti e le musiche extraeuropee. Proprio grazie a tali musiche si è giunti, infatti, all’evoluzione della pratica strumentale. Il mondo della percussione rappresenta una delle “scoperte” più essenziali nell’avanguardia della Nuova Musica”.
Cambiando molti ambienti lavorativi, come gestisci il tuo suono e la scelta degli strumenti da usare ?
Secondo cosa sto suonando, a che periodo storico appartiene e in base al modo di suonare dei miei colleghi in orchestra, decido cosa fare. A seconda di quale strumento devo suonare in orchestra scelgo quale modello utilizzare, quale pelle, quale piatto, quale bacchetta ecc… Ma cosa più importante idealizzo che tipo di suono devo riuscire a cavare fuori dallo strumento o, cosa che accade più spesso, da ciò che ho al momento a disposizione.
Un luogo e un momento dove essere se stessi e giungere alla verità.
In tante occasioni hai avuto la possibilità di passare dalle retrovie, a cui è destinato ogni batterista e percussionista, a fronte palco. Inizialmente, questo aspetto ha rappresentato per te un trauma ? Il dover stare in prima fila, a diretto contatto con il pubblico, ha mutato qualche aspetto emozionale della tua performance ?
Non è un trauma, ma sicuramente ha un certo impatto. Come suonare davanti a 40 persone e poi ritrovarsi il mese dopo ad un concerto con 3500 persone. Il contatto con il pubblico e l’ansia da palcoscenico credo le abbiano tutti, a mio giudizio vanno studiate e interiorizzate, come appunto lo studio di un brano.
Tempo fa sei stato insignito di un grande riconoscimento presso il comune di Avigliano Umbro e hai avuto la possibilità di portare un tuo spettacolo solista all’interno del teatro comunale. Com’è andata quell’esperienza ?
Avigliano Umbro è un piccolo paesino di circa 3000 abitanti che è sempre stato molto attento alle attività musicali locali, avendo attive una scuola comunale di musica, un teatro (che tra le sue attività ospita una piccola stagione musicale) e una storica associazione bandistica. Tra i vari premi e riconoscimenti vinti, sono molto contento di aver ricevuto anche il premio “Marcello Cricchi” del circolo “Acli” di S. Egidio, riservato ai migliori diplomati del territorio e di aver portato un’esibizione da percussionista solista in teatro. Avere avuto la possibilità di mostrare ciò che studio mi ha reso veramente felice. Soprattutto perché, anche solamente per una sera, tanta gente spinta dalla curiosità ha riempito il teatro ed ha ascoltato qualcosa di nuovo, di diverso, dal vivo. Mai come oggi, bombardati da canzoncine fatte al computer in 15 minuti, abbiamo bisogno di musica dal vivo.
All’interno di questo spettacolo hai avuto maniera di suonare anche su delle “partiture grafiche”. Come si articola il tuo modo di suonare quando si trova davanti a queste partiture ?
Il mio approccio è quello di esecutore. In genere quando affronto un nuovo brano ne inquadro il contesto storico, cerco di carpire le idee compositive di base e infine studio lo spartito. È’ stato davvero interessante approfondire un metodo di scrittura musicale non usuale, e non è stato per nulla semplice.
Studiare in conservatorio : Briccialdi di Terni e Arrigo Boito di Parma
A livello di conservatorio, l’Italia fa studiare diverse percussioni (timpani, strumenti a tastiere, rullante, strumenti accessori) all’interno di un unico corso, mentre invece in altri stati si preferisce fare dei percorsi più mirati su un’unica specializzazione per gli allievi. Secondo te è un percorso giusto oppure rischia di danneggiare quando ci si presenta ad un’audizione fuori dai confini ?
A mio avviso, ciò che più danneggia noi studenti italiani di strumenti a percussione rispetto ai nostri colleghi esteri sono le poche risorse dei conservatori. A volte molti di essi non dispongono di strumenti essenziali e previsti dal nostro piano di studi, in aggiunta vi è una burocrazia eccessiva annessa ad un non ben proporzionato studio teorico.
Non ci manca nulla per avere studenti che possano diventare musicisti a ottimi se non ai massimi livelli. Ho avuto il piacere di conoscere eccellenti percussionisti italiani, e condivido il mio percorso di studi con tanti ragazzi che potrebbero avere un futuro lavorativo in questo campo. Ahimè, rimango incredulo nel costatare che ancora in tanti istituti italiani le classi di percussioni siano rifilate in uno o due vecchi stanzoni per lo più pieni di strumenti non sempre all’altezza di un percorso d’alta formazione artistica. Talvolta il confronto con alcune realtà estere è al limite dell’imbarazzo.
Credo che avere un buon livello di base su diversi strumenti a percussioni sia giusto per il percorso accademico, così come ritengo che nel biennio si debba dare più spazio alla volontà dell’allievo, per poter sciogliere cosa approfondire in base alle proprie esigenze.
Hai studiato presso il Conservatorio Briccialdi, istituto dagli ultimi anni molto tormentati ma che ha saputo tirare fuori eccellenti musicisti. Qual è secondo te il punto di forza di questo successo formativo ?
Il fatto di crescere in un conservatorio piccolo può portare a far nascere un rapporto molto più intimo con i propri docenti. Ci si conosce un po’ tutti e di conseguenza anche tra studenti si cerca di aiutarsi a vicenda. Ho un ottimo ricordo degli anni trascorsi lì dentro. Ho conosciuto ragazzi divenuti ottimi musicisti con i quali non ho perso i contatti, né tanto meno l’amicizia. Credo sia più facile tenere alto il livello medio d’istruzione in piccoli istituti, ma ovviamente rispetto ai più grandi hanno i loro limiti.
Attraverso il Briccialdi hai avuto modo di conoscere i Tetraktis. Puoi descrivere questa esperienza ?
Ho avuto la fortuna di essere stato molto a contatto con l’ensemble Tetraktis-Percussioni poiché uno dei fondatori del gruppo è stato il mio primo docente in conservatorio. In seguito, essendo stato molto affascinato dal mondo della musica da camera per percussioni, ho preso parte a molteplici corsi e master-class da loro tenuti. Esperienze incredibili. Non c’è bisogno, infatti, che sia io ad elogiare il più che ventennale lavoro continuo e pieno di riconoscimenti che il famoso gruppo italiano può vantare sia in Italia che all’estero. Essere stato loro allievo e poi diventarne collega è per me un grande vanto.
Da qualche anno hai intrapreso gli studi a Parma. Quali sono le principali differenze nella didattica ? Terni e Parma, città molto differenti. Quali sono a tuo avviso i punti di forza e le debolezze di queste due città da un punto di vista musicale ?
Mi sono trovato bene a Terni e sono stato letteralmente entusiasta di aver approfondito i miei studi a Parma. Devo dire che, per mia fortuna, entrambe sono dotate di eccellenti docenti. Terni, città dove ho studiato fino al compimento del corso triennale, possiede due aule percussioni e ha una classe non troppo numerosa. Questo mi ha permesso di avere molto tempo per studiare, anche secondo le mie esigenze personali. Al contrario l’istituto di Parma ha una classe numerosissima e, anche avendo un numero di tre stanze, bisogna lottare per ricavarsi il proprio spazio di studio. In compenso il conservatorio parmense dispone di una qualità altissima di strumenti musicali e in generale la città (e la realtà emiliana) ha un’elevata vivacità musicale/lavorativa che ahimè non ha paragoni con la realtà ternana.
Pensi che per come sono strutturati ora, i conservatori possano effettivamente accompagnare la formazione professionale dei musicisti di domani ?
Gli standard europei si stanno alzando parecchio e le istituzioni devono oramai allinearsi agli standard d’oltralpe. Non posso che rifarmi alle parole del nostro Maestro Riccardo Muti al riguardo: «La formazione nei conservatori non è sempre adeguata e, soprattutto, non c’è uno sbocco. Le orchestre sono poche e non c’è posto. Se si insegnasse più musica nelle scuole ci sarebbe posto come docenti. Quello che in Italia non si capisce è l’importanza didattica della musica per formare un buon cittadino: una orchestra è l’immagine di una società civile, è fatta di un insieme di persone che non si devono dar fastidio e raggiungere un obiettivo comune».
Viaggiare per suonare : la situazione italiana e quella del resto del mondo
Hai avuto esperienze musicali fuori dall’Italia. Hai suonato in Germania, Svizzera, Olanda, Stati Uniti ed anche in Cina. Com’è la loro percezione della musica in Italia ? Quali pensi che siano le principali differenze dal loro modo di vivere la musica e la nostra ?
Nei paesi europei in cui sono stato, ho trovato una notevole sensibilità alla musica, sono molto rispettosi della loro cultura musicale e della nostra. Avendo suonato in alcune università americane, sono rimasto sbalordito di come la musica sia prevista a tutti i livelli scolastici, disponendo di strutture e mezzi sbalorditivi. La Cina si sta aprendo molto alla cultura musicale classica. E’ molto interessata e sta creando numerose nuove orchestra e nuovi teatri.
L’Italia è una delle terre natie della musica classica. Che situazione c’è ora attorno alla musica classica? Pensi che sia in ascesa o stai vedendo sempre più disaffezione verso questa musica? Come si potrebbe evolvere e parlare ad un pubblico più giovane ?
L’Italia ha donato i nomi delle note, ha fatto nascere il teatro d’opera ed è un punto di riferimento non solo per la musica, ma per tutte le arti. Se non ricordo male Berlino ha circa dieci orchestre stabili, Roma ne ha due. In moltissime regioni italiane non ci sono orchestre stabili. Non è facile per un giovane avvicinarsi a qualcosa che trova di rado e talvolta a prezzi non modesti. Di conseguenza, non può piacere e non può essere apprezzato quello che non si conosce.
L’Italia è paese anche di grandi artigiani. Hai avuto maniera di provare molti battenti e strumenti prodotti da valenti artigiani nazionali. Secondo te l’artigianato italiano può avere sempre più voce nel mondo della musica classica oppure si rimarrà sempre ancorati ai marchi internazionali ?
Utilizzo battenti artigianali, molti di cui italiani. Ci sono prodotti eccellenti, e spesso li preferisco a quelli industriali. Mi sembra che sia una tendenza che sta andando per la maggiore per molti percussionisti anche perché, spesso per un prezzo poco superiore, si guadagna molto in qualità.
L’influenza di Frank Zappa e Evelyin Glennie
Sei un fan della musica di Zappa. Secondo te la sua formazione basata sulla musica classica può essere alla base della genialità dei suoi pezzi ?
Secondo me, assolutamente si. E’ risaputo che compositori come Varèse e Stravinskijfurono per lui una grandissima ispirazione nel corso della sua adolescenza. Mi dispiace che in molti ambienti musicali non sia ancora totalmente riconosciuto. E’ giunto il tempo di convenire che sia stato uno dei compositori più rilevanti degli ultimi 50 anni.
Proprio Frank Zappa diceva che “senza deviazioni dalla norma non c’è progresso”. Musicalmente e nella vita quotidiana quali scelte hai fatto per deviare dalla norma ?
Studio musica, perlopiù classica. Di questi tempi, dimmi tu se non è deviazione questa.
Altra tua fonte d’ispirazione è Evelyn Glennie, musicista con la quale hai anche avuto maniera di seguire in eventi didattici. Puoi parlarmi del tuo rapporto con lei ?
Ho avuto modo di conoscerla personalmente in un’intervista a porte chiuse prima di un suo concerto in Italia. In seguito, avendo scritto una tesi sulla nascita e lo sviluppo del percussionista solista, mi ha rilasciato un’intervista personale. E’ una figura a mio giudizio fondamentale nel nostro campo, vera madre e fondatrice dello sviluppo del percussionista solista.
Vivere di musica al giorno d’oggi
In una precedente intervista, parlando con Nicolò Di Caro, parlavamo della nostra generazione che ha visto cambiare il modo di avvicinarsi alla musica. Ora molta informazione passa attraverso i social e Youtube, mentre una volta si andavano a scoprire i musicisti guardandoli da vivo. Com’è il tuo approccio verso questa nuova tendenza ?
Sono un fruitore di youtube o di canali come sky classica e rai5. Questa facilità di connessione e di comunicazione, presa con il giusto approccio, è una fortuna immensa rispetto a generazioni cresciute senza di essa. Bisogna essere bravi a farne buon uso, e forse non tutti sono molto educati ad utilizzare internet al meglio. Essere nati nell’era digitale non vuol dire automaticamente sapere come usare e sfruttare al meglio quel calderone d’informazioni disponibili nel web.
I social influenzano anche l’ambiente legato alla musica classica ? Puoi fare qualche esempio ?
Ci sono percussionisti che stanno utilizzando i social in maniera esagerata, anche tra noi studenti. Certo, l’utilizzo del social può facilitare la pubblicità di un evento o di un successo personale, ma quando qualcuno ha bisogno di “mostrare” eccessivamente qualcosa, spesso vi è dietro o un problema o una mancanza.
Sei un ragazzo che lavora molto a più livelli. Ti vorrei chiedere qualcosa riguardante la parte più lavorativa di questo lavoro. Come elabori il tuo cachet rispetto al lavoro proposto ? C’è sempre trasparenza in questo mondo oppure talvolta ti sei sentito sfruttato ?
Quando si lavora in orchestre di una certa importanza il contratto rispetta i canoni e gli inquadramenti del CCNL. In altre situazioni lavorative si concorda il proprio cachet e, come capita in altri lavori più comuni, bisogna farsi un po’ valere perché il furbetto di turno ci prova sempre. Mi è capitato da ragazzo di essere sfruttato e non pagato un paio di volte, ma non credo che gente che si comporta così ha molto seguito, con tutta la pubblicità negativa che dovrebbe portare dietro un comportamento del genere. O almeno lo spero!
Sei te in prima persona che ricerchi nuove collaborazioni oppure aspetti che le occasioni si presentino da sole ?
Per poter lavorare in orchestra devi superare un’audizione o comunque superare una selezione. Al di fuori di queste realtà legate all’ascolto di singole esecuzioni delle prove, spesso si arriva tramite il curriculum ma soprattutto con il passaparola. Se tu sei bravo e fai valere la tua professionalità in ogni tuo concerto è probabile che si sparga la voce e che, in caso di necessità, persone che abbiano bisogno di musicisti possano contattarti facendo nascere nuove collaborazioni.
Quali sono le caratteristiche principali che deve avere un ragazzo adesso per lavorare ?
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