Il coronavirus ha fermato la musica. No, non è una canzone dei Pooh. E’ il veloce susseguirsi di concerti cancellati, talvolta anche interi tour. Un danno difficilmente calcolabile.
La Siae stima danni per 4,1 milioni di €, mentre per Assomusica l’ammontare complessivo si aggira attorno ai 10 milioni. Cifre distanti tra loro ma che probabilmente sono viste entrambe a difetto. Confindustria Cultura stima che gli spettacolo dal vivo saltati siano stati 7400, ma questo dato comprende anche i dati del teatro e altre forme di spettacolo dal vivo.
Insomma la già precaria vita del musicista è stata messa a durissima prova da questa epidemia. Ingaggi saltati e scuole di musica costrette a ripiegare su lezioni online pur di non perdere gli allievi. Che quest’ultima sia un’anteprima di quanto ci spetterà, lo scopriremo solo nei prossimi anni.
Di certo la situazione surreale è stata ancora più particolare per i tanti musicisti italiani che vivono e lavorano all’estero. In apprensione per le sconvolgenti notizie provenienti dall’Italia, anche loro a distanza di km dalla loro terra d’origine hanno dovuto fronteggiare questi giorni folli nelle città dove oggi vivono e lavorano.
Sergio Bellotti
-Joe Louis Walker, Mike Stern, The Platters-
– Boston-
A Boston, ad oggi 22 Marzo 2020, sebbene non ancora un ordine governativo , la maggior parte della gente resta a casa. Noi musicisti siamo tra le categorie che lo fanno perché i nostri lavori di performers sono stati annullati e quelli didattici sono per adesso solo in rete. Da fare ce n’è davvero tanto comunque ma senza dimenticarci di pregare e sperare perché tutto torni alla normalità appena possibile. Un pensiero speciale alle vittime e famigliari. Le nostre quotidianità chiusi in casa vengono davvero in secondo piano
Federica Bernabei
-N. Kharetskaya, Triboulouca, Another Space Trio, M. Soriano-
– Rotterdam-
Caro Valerio qui nei Paesi Bassi la situazione per alcuni versi è allo stesso modo brutta perché comunque si punta stupidamente all’immunità di gregge e la quarantena è consigliata, non obbligatoria.Molti di noi, tra i miei amici e colleghi, per lo più non olandesi, ci siamo messi in auto-quarantena non solo perché è la cosa giusta da fare ma sicuramente siamo tra i più sensibili vedendo ciò che sta accadendo nelle nostre nazioni. L’ olandese medio segue Rutte, e alcuni tutto questo l’ hanno preso come una vacanza, perciò quando ci sono le belle giornate, tutti al parco.
I contagiati vien da sé che stanno crescendo sempre più anche se quelle poche volte che esco vedo sempre meno gente in giro, per fortuna.
Questo quanto meno al centro di Rotterdam. Ho amici ad Amsterdam che invece mi dicono che gente in giro c’è e che non mantengono delle precauzioni adeguate.Mi ha deluso la scelta di questo governo. Per cliché ti direi “scelte nord europee”. Davo loro più fiducia, stessa che ripongono nel Welfare. Ho paura che alla lunga si finirà come l’Italia, che in realtà mi sta sorprendendo molto e positivamente.
Ad ogni modo, come primo procedimento per fortuna hanno chiuso negozi e locali. Questo purtroppo, come è successo in Italia ha comportato la cancellazione di molti eventi. Quanto e come ci tutela il governo questo è da vedere ancora.
Anche qui, per quanto riguarda le lezioni, chi può le fa online. Non so come finiremo.. un pò tutti, perché è ovvio che l’economia sta collassando e spero prevedano delle manovre cuscinetto.In generale, quindi, l’impressione è che qui si sta in un limbo per lo più “fai da te” condito da provvedimenti/decreti locali/nazionali.
Luca Bertaglia
-Luca Bertaglia Mind Project, Opposite, Flare, Barabás Lőrinc, The Motor Tom-
-New York-
2020, un anno che, tra problemi famigliari e di salute, a mio malgrado non ancora superati, non è iniziato al meglio. Cerco sempre di trascorrere le vacanze natalizie nella mia terra madre, con la mia famiglia, e così è stato anche il Natale scorso. Al mio rientro a New York la situazione generale sembrava migliorasse, fisicamente mi stavo riprendendo, ed ero soddisfatto di come la mia vita lavorativa si stava sviluppando. L’insegnamento procedeva bene, l’università che stavo frequentando dava buoni frutti, continuavo ad avere concerti e registrazioni con gli artisti con cui lavoravo da tempo, e finalmente avevo ripreso a gonfie vele tre miei progetti personali di cui ero band-leader. Come tutti possiamo immaginare però, con la diffusione globale del COVID-19, anche conosciuto come Coronavirus, stava per cambiare tutto.Uno dei primi Paesi colpiti al di fuori dell’Oriente, è stato l’Italia, e nel giro di poco tempo la situazione è precipitata. Fast-forward a quando è stata annunciata la quarantena obbligatoria, e poco dopo, ma a mio parere sempre troppo tardi, anche gli Stati Uniti hanno preso precauzioni drastiche. Già da prima dello Spring Break, settimana del 16 di Marzo, le scuole si preparavano a chiudere, stessa cosa per ristoranti, bar, e tutte quelle attività non considerate indispensabili. Tutto questo fino a data da designarsi. In meno di una settimana la mia realtà, ma ovviamente anche quella di altri, è stata stravolta.
Per chi non fosse a conoscenza della situazione newyorkese, la maggiore parte della gente vive in appartamento, il che vuol dire che tanti musicisti, specialmente i batteristi, non posso “suonare in casa” e quindi devono avere un altro posto dove
poter studiare, insegnare, e fare le prove. Prima che frequentassi l’università avevo una saletta mia, ovviamente in affitto, che potevo utilizzare 24/giorno, ma da quando ho iniziato il college non ne ho più avuto bisogno dato che la scuola metteva a
disposizione varie practice rooms per gli studenti. Come dicevo però, gli istituti scolastici sono stati chiusi, quindi niente studio (e data la quarantena non potrei nemmeno affittarne uno e andarci ogni giorno), niente prove (a causa della situazione vari membri sono tornati nel loro Paese d’origine e non si sa quando e se ritorneranno), e niente insegnamento. Atri studenti hanno temporaneamente sospeso le lezioni per problemi economici, ma per fortuna alcuni hanno deciso di proseguire online. Stesso metodo scelto dalla mia università per avanzare con i corsi, almeno fino a fine semestre. Come tutti sappiamo le lezioni online non sono nemmeno da paragonare con l’essere nella stessa stanza dell’insegnante ed averlo a pochi centimetri da se, però considerando la situazione ci si cerca di adattare.Tuttavia certi corsi sono impossibili da adattare, a maggior ragione in una Performing Arts School che insegna Jazz, dove grande parte delle classi consistono in ensembles di musicisti che suonano in contemporanea. Ma, indipendentemente da quello che veniva detto dagli studenti, The New School, ha deciso comunque di intraprendere quella strada, senza nemmeno un parziale rimborso delle lezioni.
L’appartamento in cui vivo è uno studio open space, il che significa senza stanze o muri separatori, ad eccezione ovviamente del bagno. Prima che la situazione cambiasse non ero praticamente mai a casa, lavoravo sette giorni a settimana, uscivo alla mattina presto e rientravo alla sera, varie volte dopo cena. Essendo sempre via non ho mai sentito il bisogno di un divano, una TV e manco del Wi-Fi. Ovviamente è casa mia, mi piace e ci sto bene, però essendo rinchiuso giorno dopo giorno, da solo in una stanza, per quanto grande e confortevole che sia, ti mette comunque alla prova ed è stressante, a maggior ragione se non posso neppure suonare. Per varie ragioni non posso nemmeno tornare in Italia. La situazione dei voli è molto limitata, devo comunque continuare a seguire i corsi della mia università e proseguire con l’insegnamento online, e dato il fuso orario sarebbe molto difficile. In aggiunta, il contratto del mio appartamento sta per terminare quindi devo restare per rinnovarlo o cercarne un altro.
Anche se tutto questo fosse comunque in qualche modo risolvibile, non metterei a repentaglio la salute della mia famiglia; non ho nessun sintomo ma per quanto ne so potrei essere un portatore sano o contrarre il virus durante il viaggio. In aggiunta, le condizioni dell’Italia non attenuano di certo la preoccupazione che ho nei confronti dei miei cari.
Ci terrei a mettere in chiaro che non sto cercando di fare del vittimismo o di vedere il lato negativo della situazione, di sicuro c’è gente la cui situazione è peggiore della mia, come sarà migliore per altri. Quest’epidemia ha cambiato la vita di tutti e nel condividere la mia esperienza personale sono sicuro che sarà d’aiuto a molti, che si rispecchieranno in queste vicende. Per chiunque lo faccia, sappiate che non siete da soli, siamo tutti nella stessa barca in mezzo a questa grande tempesta. Quindi restiamo uniti, aiutiamoci l’uno con l’altro, remiamo tutti insieme e piano piano ne verremo fuori.
Vorrei infine concludere ringraziando ancora una volta Valerio per avermi offerto la possibilità di raccontare la mia storia tramite Tamburo_Parlante.it e augurando ai lettori un grosso in bocca al lupo per tutto, specialmente in questo periodo di difficolta.
Francesco Ciniglio
-Wynton Marsalis, Sheila Jordan, Aaron Parks, Shai Maestro, Seamus Blake-
– Parigi-
Vivo qui a Parigi da pochi mesi, e nonostante la latenza dei parigini a rispettare le norme di lock-down, sento abbastanza forte la differenza tra il prima e dopo Coronavirus. Prima suonavo quasi tutti i giorni, uscivo spesso e notavo quanto alla gente di qui piace fare festa, locali pieni, dentro e fuori, vino naturale, cucina ricercata, c’è una bella cultura del “bello” qui a Parigi.Ora però tutto e fermo, in attesa di esplodere di nuovo ancora più forte una volta che il peggio sarà passato. Speriamo quanto prima.. Io intanto sono in casa da una settimana, pratico il mio strumento, cucino, prendo il sole che finora (ironicamente) a Parigi non ci ha mai degnato più di pochi sporadici minuti ogni 2-3 giorni.! Vivo a lato di un parco, la primavera continua ignorante di tutto ciò che accade nel mondo e la vita continua, la produttività continua, la speranza continua.
Alessandro D’Aloia
-Mike Stern , Karen Jones , Karl Potter , Eddy Palermo, Arold Bladey, Alfredo Paixao-
– São Paulo-
Salve a tutti. Mi chiamo Alessandro D´Aloia e sono un batterista Italiano ( di Roma ) che vive a São Paulo del Brasile da 10 anni. Vivere fuori dal proprio paese è una bellissima esperienza ma allo stesso tempo è piena di ostacoli da superare , primo fra tutti : il lavoro.São Paulo è una grande metropoli molto simile a New York , per certi versi ; molto frenetica e popolata, con molta concorrenza e dove ci si deve adattare velocemente per non perdere le opportunità di lavoro che ultimamente non sono molte. Il livello musicale è molto alto e quindi bisogna sempre essere aggiornati sui vari stili di musica che qui in Brasile sono vari (Samba , MPB , Sertanejo ecc. ). La gente qui a São Paulo (ma anche in altre città come Rio de Janeiro) esce molto la sera sia in estate che inverno (quest´ultimo molto piu´ mite rispetto ad altri paesi) e di conseguenza ci sono molti locali con musica dal vivo.
Una persona che viene da un´altro paese molto spesso è sempre vista con un po´ di preconcetto , e questo purtroppo succede in qualsiasi parte del mondo ; la cosa è complicata sino a quando non si dimostrano le proprie abilità. A quel punto o si mette d´accordo tutti , o cominciano a piovere critiche nei confronti della propria persona, e di conseguenza non si riesce a prendere i lavori.Devo dire che finora mi sono difeso abbastanza bene sul fronte lavorativo , e questo perchè conosco un po´della cultura musicale e generale dell´attuale paese dove vivo ( elemento importatnte questo e che consiglio a tutti gli emigrati ) , ma anche così c’è sempre qualcuno che avrà da dire qualcosa.
Umiltà e professionalità sono due aspetti essenziali principalmente quando si vive fuori dal proprio paese , ed anche la voglia di mettersi in gioco sempre ( uscendo cosi´ dalla propria “Zona di Conforto” ) fa si che si possano esplorare nuove aree musicali ed apprendere molto.
E´plausibile , che poi ad un certo punto , si facciano delle scelte anche di stile dove ci si vuole , diciamo cosi´ , specializzare ; il che penso sia una cosa molto positiva.Purtroppo , dovuto agli ultimi fatti riguardanti il corona virus , il lavoro in generale si sta arrestando creando un situazione di grande incertezza ( come del resto sta´ avvenendo in altri paesi del mondo ). Anche qui in Brasile la categoria del musicista non è organizzata , e molti musicisti stanno rimanendo senza lavoro ; principalmente chi lavorava con show nei locali…e immaginate anche la situazione dei gestori dei locali che lavoravano molto costretti ora alla chiusura.
C´è una iniziativa molto interessante di alcuni proprietari di locali ed alcuni artisti famosi , che stanno mantenendo i cachet ridotti dei musicisti con cui collaborano … penso che questo già aiuta il musicista professionista dal punto di vista economico e principalmente morale , in quanto non si sente totalmente abbandonato…ma ripeto , sono in pochi ad aver adottato questa soluzione.Personalmente, stavo lavorando più con le lezioni ( incluse quelle on line ) che con i show dal vivo ( questo per una mia scelta ) ; ma anche così adesso sto perdendo lavoro in quanto a molti alunni non piacciono le lezioni virtuali ed inoltre , anche avendo molte spese ( São Paulo e´ carissima ! ) ho deciso di aderire all´isolamento in casa a seguito del forte aumento di casi di contaminazione e decessi in conseguenza del corona virus che stanno avvenendo in tutto il Brasile.
Per concludere , spero con questo piccolo articolo di aver contribuito in qualche modo a chiarire le idee di come si vive fuori dal proprio paese , e naturalmente invito tutti a rimanere a casa in questo periodo critico per proteggere se stessi e gli altri da questa minaccia.
Ringrazio il Tamburo Parlante per avermi dato questa opportunita´ di scrivere , e per qualsiasi dubbio potete contattarmi via facebook .
Un grande saluto ed un augurio di un futuro migliore per tutti.
Elia De Bendictis
-Morioh Sonder, Rbsn, Open Letter-
-Berlino-
In questo momento storico abbiamo l’opportunità di vedere come si trasforma l’economia e la società in base alle scelte (politica) delle singole persone, Quanto la definizione del singolo individuo non differisce dalla definizione di comunità. Aka nessun uomo è un isola.Vediamo come la professione di ognuno non ha nessuno sbocco se non può arrivare alle altre persone. Questo mi fa riflettere, perché allora mi chiedo che cos’è la società. Su cosa si fonda. Che cosa vuole dire farne parte. Cosa vuol dire svolgere una professione, che responsabilità comporta. Cosa è preziosamente necessario per ogni persona per poter vivere una vita dignitosa e qual è il modello di società che garantisce la soddisfazione di questi bisogni. E cosa vuol dire essere un cittadino italiano, europeo e se vogliamo mondiale in questo gioco di diritti e doveri che regola le nostre interazioni internazionali.
Andando più nell’aspetto descrittivo degli eventi da cui sono scaturite queste riflessioni : a Berlino le misure per contenere la diffusione del virus sono state adottate molto dopo rispetto all’Italia. I primi provvedimenti, relativi alla prima decina di Marzo, sono stati la chiusura dei club, teatri sale concerto, cinema ecc. scuole ed università. Per evitare le aggregazioni di massa. (Si, ci sarebbero stati milioni di persone ai miei concerti e quindi è stato necessario annullarli). Ma le persone per strada non rinunciavano a caffè, pic-nic e tutto cio’ che una giornata di sole puoi suggerire.
In primo luogo ero contento di vedere come la paura per questa contaminazione fosse pressoché inesistente. Quest’idea, inizialmente, dava piu’ spazio al senso di libertà di esistere, minacciato dalla possibile quarantena obbligatoria.Solo ieri, 23 Marzo, è stato stabilito un numero massimo di aggregazione in pubblico di 2 persone. C’era ancora affluenza nei ristoranti quando i miei amici in Italia erano già costretti a restare in casa. Questa politica tedesca è stata adottata sicuramente per tutelare la buona condotta dell’economia del paese.
E questo fa riflettere su quali sono le priorità della Germania rispetto al benessere dei cittadini. In Germania devi assicurarti personalmente per avere accesso all’assistenza sanitaria. In Italia la Costituzione ‘’sancisce il “diritto alla salute” di tutti gli individui. Si pone dunque come un sistema pubblico di carattere “universalistico”, tipico di uno stato sociale, che garantisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, finanziato dallo Stato stesso attraverso la fiscalità generale e le entrate dirette’’. Come si suol dire la salute prima di tutto.
E credo che guardando all’Europa, l’Italia in questo momento possa dare il buon esempio, non c’è bisogno di incorrere in conflitti perché si ha ragione, ma utilizzare la ragione per arrivare alla pace.
Riguardo a questo sistema sanitario tedesco penso che a risentirne sia prima di tutto il senso di unità che del paese. I rapporti tra le persone cambiano quando ognuno deve pensare individualmente alla propria salute, ciò attribuisce alla ‘distanza di sicurezza’ un significato diverso. E questo è un punto centrale di questa situazione. Infatti la vera forza nel combattere questo virus, la vera battaglia, non sta nel tutelare i propri interessi, ma quelli della comunità : il possibile sovraffollamento degli ospedali, il possibile trasformarsi del virus, ed il contagio da persone piu’ sane ad altre piu’ a rischio insomma tutto ciò che il Presidente del Consiglio Conte ha già esaustivamente spiegato nei suoi discorsi ai cittadini. ( Si insomma non sta a me definire le misure, non sono Conte, ma in qualche modo allo stesso tempo, tutti lo siamo)
C’è da aggiungere anche che il sistema capitalistico in cui viviamo lunge dal tutelare la salute dell’individuo. Non ho studiato scienze sociali, politica o economia ma voglio condividere le informazioni a cui ho avuto la fortuna di accedere – grazie alla condivisione di Adriane Morard, artista visiva residente a Berlino – al fine di comprendere meglio il mondo in cui viviamo. In un’intervista rilasciata da Uneven Earth (http://unevenearth.org/2020/03/where-did-coronavirus-come-from-and-where-will-it-take-us-an-interview-with-rob-wallace-author-of-big-farms-make-big-flu/) , Rob Wallace, un epidemiologo professionista, afferma che ‘’Il capitale sta guidando la conquista della terra nell’ultima delle foreste primarie e dei piccoli proprietari terrieri in tutto il mondo. Questi investimenti guidano la deforestazione e lo sviluppo che porta alla comparsa di malattie. La diversità funzionale e la complessità che questi enormi tratti di terra rappresentano vengono razionalizzati in modo tale che gli agenti patogeni precedentemente inscatolati si riversano sul bestiame locale e sulle comunità umane’’. Ed eccoti il corona virus, Insomma è evidente che viviamo in un sistema che non funziona. Passando le giornate a casa ci si rende conto di alcuni aspetti futili della vita moderna, e. Di altri aspetti invece molto importanti. Che questo momento ci dia la forza di vedere come possiamo trasformare la società in cui viviamo per il meglio, con quello che abbiamo a disposizione. Grazie ‘Il Tamburo Parlante’ per darmi lo spazio per esprimermi e condividere queste riflessioni.
Giorgia Di Girolamo
-Marco Siniscalco, LCC Southern Cross Pipe Band, City of Adelaide Pipe Band, Northern Suburbs Pipe Band-
-Sidney-
In questo momento storico catastrofico che stiamo vivendo, è assurdo pensare di essere dall’altra parte del mondo, lontani dalla famiglia, dagli amici e in generale dal proprio paese.Io vivo in Australia da più di tre anni e ho sempre notato e apprezzato le grandi risorse di questo posto eppure sento che ora anche qui il sistema sta piano piano collassando di fronte a questa emergenza imprevista. Il primo segnale di cedimento lo hanno avuto i supermercati, dove carta igienica, cibo in scatola e pasta sono spariti da circa due settimane.
L’altro cambiamento è arrivato con il test per il virus che fino a qualche giorno fa veniva fatto gratis a chiunque su richiesta mentre ora non più. Sono stati messi limiti su medicine e beni primari e tanta gente adesso va in giro con la mascherina. I ristoranti e i locali hanno subito tante restrizioni e molti posti hanno chiuso con la speranza di riaprire tra mesi, quindi molta gente si è ritrovata senza lavoro.
Questa settimana anche le scuole hanno chiuso e le lezioni sono state spostate online. Anche diversi uffici e attività in generale sono stati chiusi e o limitati e si vedono sempre meno persone in giro. Io che faccio l’insegnante di musica, mi ritengo fortunata perché posso permettermi di lavorare anche in una situazione del genere grazie a tutta la tecnologia di cui disponiamo oggi. Purtroppo da musicista invece la questione è ben diversa perché come negli altri paesi anche qui tutti gli eventi sono stati cancellati e quindi tante persone si sono ritrovate con intere stagioni annullate.
Insomma l’Australia, come gli altri paesi, si sta preparando a misure più severe per affrontare questa emergenza e, infatti, in questi ultimi giorni sono state chiuse le frontiere e i confini tra gli stati.Per quanto riguarda la quarantena qui si vocifera che inizierà a breve e andrà avanti almeno fino a luglio, quando qui sarà inverno, ma alcuni dicono addirittura fino a ottobre. Per ora non c’è un lockdown severo come in Italia ma sono abbastanza sicura che ci si arriverà, intanto spero che queste misure aiutino a fermare lo spreading del virus e mi auguro di poter ritornare in Italia una volta migliorata la situazione.
In tutto ciò sono felice di aver visto che nel nostro paese la musica sia diventata la forma primaria di intrattenimento e abbia permesso alle persone di tornare a sorridere nonostante tutto il brutto di questo periodo perciò concludo proprio ringraziando la musica per il suo potere curativo e penso all’unica nota positiva (almeno per noi musicisti) di questa situazione, ossia potersi chiudere in casa a suonare senza che i vicini si lamentino!
Moreno Maugliani
-Bravo Baboon, Valerio Scanu, Scape-
-Deventer-
Quando vivi all’estero raddoppi le eventualità di essere felice. Puoi essere felice per il paese che ti ha adottato e anche per quello in cui sei nato. Se è vero ciò, è vero anche il contrario. In questo momento surreale l’apprensione viene sia dall’Olanda che dall’Italia. Qui, allo stato attuale delle cose, non c’è un vero e proprio lockdown all’italiana. Scuole, palestre, ristoranti, pub, musei, sale concerto e simili sono chiusi, ma non c’è il divieto di uscire. Il premier e il Re hanno fatto esplicitamente appello alla responsabilità civile e morale dei cittadini. In caso di sintomi influenzali di qualsiasi tipo bisogna restare a casa, in generale uscire il meno possibile e ovviamente limitare i contatti sociali.La strategia è quella di limitare al massimo il contagio, non bloccando totalmente l’economia. A detta degli esperti, un lockdown funzionale dovrebbe durare mesi, tanto da demolire l’economia olandese.
Buona parte del motore economico è comunque bloccata. Oltre a quelli citati ci sono ovviamente il settore turistico e quello musicale.
Essendo chiusi teatri, sale concerto e locali, manca l’altro elemento fondamentale di cui l’artista ha bisogno per fare concerti. Tutto è stato annullato o nella migliore delle ipotesi rimandato. Personalmente ho avuto concerti rimandati di un paio di mesi, ma anche alcuni potenzialmente annullati. Un mio collega mi ha fatto vedere la mail ricevuta da un locale in Polonia che ha disdetto il loro concerto in giugno “just in case, you know?”. Chiaramente non c’è margine di trattativa, trattandosi di un’emergenza. Il lato didattico somiglia a quello italiano: chi riesce fornisce lezioni online.La reazione del Paese è stata duplice: se da un lato gioca a favore il pragmatismo nordico (mantenere le distanze qui non è così difficile), dall’altra ci sono stati molti casi di panic shopping. I supermercati sono stati saccheggiati di farina, pasta, disinfettante e il nuovo oro: la carta igienica.
L’atmosfera che si respira è duplice. L’assenza (almeno per ora) di un lockdown permette di passare le giornate con una leggerezza maggiore, ma la particolarità di questo periodo riporta puntualmente alla realizzazione di cosa stia succedendo. Quello che noto con piacere è che gli artisti (non solo musicisti) tendono a mettersi a disposizione della società in maniere molto creative. Le case di riposo hanno il divieto assoluto di visite, eppure musicisti si mettono a distanza di sicurezza e fanno concerti gratis per gli ospiti di quelle strutture. Sono cose che fanno bene al cuore e ancora, stuzzicano un po’ di amarezza.
Qual è stata in Italia l’unica cosa reazione rimasta dopo il blocco e il cambio repentino delle condizioni di vita? La musica. Andare alla finestra e caricare le strofe di canzoni sentite e risentite tutta la paura, l’ansia e la speranza di questi giorni.Qui un mio amico sassofonista offre il Blues from the balcony. Col suo sassofono offre concerti gratuiti dal suo balcone e i vicini e i (pochi) passanti ne godono.
Dov’è l’amarezza? Quando tutto questo sarà finito, noi torneremo ad essere gli outsider e la musica riposta in cantina.
Stefano Padoan
-John Canoe,MaDoh!, Michael Lukes-
-Londra-
In questi giorni si sente molto parlare di quello che sta succedendo in Italia, delle tragiche perdite che stiamo affrontando in tutto il paese.Io sono ormai quasi sei mesi che sono in una cittadina pochi km da Londra e mai come ora mi sento più lontano da casa.
Vorrei essere lì accanto a mia madre, ai miei familiari, ai miei amici, per combattere insieme questo tragico momento.
La cosa che però mi spaventa di più non è sapere che giorno dopo giorno l’Italia raggiunge il primato mondiale di morti in un giorno ma constatare che un paese grande e potente come l’Inghilterra non stia attuando misure di sicurezza urgenti che proteggano i propri cittadini. Nonostante sia vicina a paesi che già da settimane sono in totale lockdown, esita nel mettere al sicuro le persone che vivono nel paese, continuando a far credere che tutto questo non sia “un proprio problema”.Per quanto si sia detto due giorni fa che pubs, ristoranti e bar debbano rimanere chiusi e che è consigliato rimanere nelle proprie case, grandi multinazionali come Starbucks, Caffè Nero, Costa, McDonald’s rimangono ancora aperte con la scusa del servizio take away che a mio avviso non da un messaggio di urgenza attuale ma anzi invoglia ad uscire, a stare in giro, a prendersi un caffè e mangiare qualcosa all’aperto. In questo modo molte persone ancora non si rendono conto di quanto questo problema sia serio.
Solamente oggi, 22 Marzo 2020, l’unico passo in avanti che è stato fatto è dire che solamente le persone più a rischio, come portatori di malattie gravi e anziani dovranno rimanere a casa per dodici settimane, per la loro sicurezza.
Per quanto riguarda la musica ovviamente serate e concerti rimangono sospesi, come del resto in tutto il mondo e per chi lavora con la didattica invece ci si è spostati a dare lezioni online ma ho visto moltissime collaborazioni musicali nascere sul web e questa cosa mi rende molto felice.
Rimaniamo a casa, al sicuro ma continuiamo a fare musica, a studiare e rimanere collegati perché soltanto uniti riusciremo a passare questo brutto momento.
Da Londra è tutto
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